Page 79 - Federico Focher (a cura di), PIERRE-LOUIS MOREAU DE MAUPERTUIS Lettere filosofiche e scientifiche
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Lettere filosofiche e scientifiche
Io so quali opposizioni incontrano sempre le novità: si ama piuttosto creder l’arte
perfetta, che affaticarsi a perfezionarla. Quelli dell’arte stessa tratterebbero d’impossibili
tutte le operazioni, che eglino non han fatte, e che non trovan descritte nei loro libri. Ma
che intraprendino, e si troveranno forse più esperti, ovvero più felici, che essi non cre-
dono. La Natura, per via di mezzi conosciuti, si affaticherà sempre di concerto con loro.
Io sarò meno sorpreso della loro timidità, che non lo sono dell’audacia di colui, il
quale osò il primo aprir la vescica per andarvi a cercar la pietra, e di colui, che fece un
foro nel cranio, ovvero che ardì passare un occhio.
Vedrei volentieri la vita dei rei servire a queste operazioni, per quanta poca speran-
za vi fosse di riuscirvi, ed anche crederei, che si potesse esporre per ricavarne cognizio-
ni di una estesa utilità. Forse si farebbero molte scoperte sulla maravigliosa unione
dell’Anima al Corpo, se si avesse ardire di andarne cercando i legami per entro il cer-
vello di un Uomo vivente. Non è da lasciarsi commuovere da quella tal’aria di crudeltà,
che qui comparire potrebbe; poichè un Uomo non è niente in comparazione della Spe-
zie umana, ed un reo è anche meno di niente. XVIII
Vi sono nel Regno degli scorpioni, dei ragni, delle salamandre, dei rospi, e molte
spezie di serpenti. Si temono ugualmente tutti questi animali, ma egli è verisimilissimo,
che non sieno tutti nel grado stesso da temersi; vero egli è però, che non si hanno baste-
voli esperienze, sulle quali si possa fondarsi per distinguere quelli, che sono nocivi da
quelli, che non lo sono. Così delle piante. Molte passano per veleni, le quali non sono
forse che alimenti, ovvero rimedj, ma su cui si è incerti tuttavia. Non si sa ancora se
l’oppio, preso nella dose maggiore, faccia morire, o dormire. S’ignora se quella pianta,
che si vede crescere ne’ nostri giardini sotto il nome di cicuta, sia quel veleno dolce, e
favorito degli Antichi, atto a far terminare i giorni di coloro, i quali era d’uopo torre di
mezzo, la società, senza però che eglino meritassero d’esser puniti. Non vi è cosa, che
arrechi un spavento maggiore del morso d’un cane arrabbiato, e pure i rimedj, che vi
sono applicati, e dei quali si crede d’avere sperimentato il buon esito, possono ragione-
volissimamente far dubitare della realità di questo veleno, la paura del quale forse ca-
giona degli effetti cotanto funesti. La vita dei delinquenti non sarebbe bene impiegata in
delle esperienze, le quali servirebbero in tutti questi casi a rassicurare, a preservare, ov-
vero a guarire?
Noi ci burliamo con ragione di alcuni Popoli, i quali, un rispetto male inteso per
l’Umanità, ha privato della cognizione, che eglino potevano ricavare dalla dissezion de’
cadaveri: Ma noi siamo forse meno ragionevoli se non tragghiamo tutta l’utilità d’una
pena, dalla quale il pubblico potrebbe sperare dei grandi vantaggi, e che sarebbe anche
vantaggiosa a chi la soffrisse.
XVIII Qualche istoria parla, ma confusamente, di una operazione, che Luigi XI fece tentare sopra un reo. È
stato detto, che in Inghilterra ne era stata fatta tentare un’altra sull’orecchia di un Uomo condannato a
morte; ma tutto ciò non è nè abbastanza noto, nè praticato com’esser dovrebbe.
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