Page 67 - Federico Focher (a cura di), PIERRE-LOUIS MOREAU DE MAUPERTUIS Lettere filosofiche e scientifiche
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Lettere filosofiche e scientifiche
ogni altra parte ricercati i principj, e spesso anche nei più fantastici rapporti. Alcune
nazioni, peraltro illuminatissime, hanno voluto prevedere l’evento di una battaglia nel
volo degli uccelli, nella interiora d’un bue, e nella maniera, onde i polli mangiavano!
Altre hanno cercato nei Cieli ciò, che dovea succedere in terra, credendo di poter sco-
prire dei rapporti fra gli avvenimenti, e le configurazioni degli astri, e ne hanno stabilita
un’arte chimerica, per lungo tempo coltivata in Europa, e che è tuttavia la primaria
nell’Asia. Nel mentre, che gli Americani sono mancanti dell’arte di richiamarsi il
passato, i Popoli dell’Asia si lusingano di posseder quella di scoprire il futuro, e gli
Europei sono stati per lungo tempo così ignoranti come i primi, e così prosontuosi
come i secondi.
Io sono molto lontano da credere, che si possano prevedere gli avvenimenti futuri
per via dei differenti aspetti de’ corpi celesti, nè per alcun altro dei mezzi usati
dagl’indovini; ma non ostante confesso, che la maggior parte delle obiezioni di coloro, i
quali hanno impugnata quest’arte, non mi sembrano molto più forti delle reagioni di
quelli, che la sostengono. Dal non iscoprirsi l’influenza, che i corpi celesti potessero
avere sulle cose terrestri, si vuole arditamente decidere, che è impossibile affatto, che
ne abbiano alcuna: Ciò non sarà mai da potersi provare. Ma accordiamo, che non sia
questa una vera influenza, egli è nondimeno più che verisimile, che vi è un mutuo, e
necessario rapporto tra tutte le parti dell’Universo, di cui gli avvenimenti non sono che
conseguenze. Se si fosse visto un certo numero di volte, che un Uomo nato sotto una
certa configurazione de’ Pianeti avesse sempre sofferto qualche grande sciagura, io son
di parere che vi fossero pochi Filosofi, i quali, trovandosi in simili circostanze, non ne
temessero l’augurio. Io lo ripeto, non è già che io creda, che sieno state fatte bastanti
osservazioni, per potere sopr’esse stabilire le regole dell’astrologia, ma egli è certo, che
sono posti in uso contro di essa i raziocinj di una Filosofia, che non è di gran lunga più
certa, più provata.
Io mi rendo a quella spezie d’uguaglianza, in cui sono riguardo a noi il passato, e il
futuro, e dico, che il solo presente è di nostra vera proprietà. Peraltro se un’arte, senza
la quale si è lungo tempo vissuti, e la di cui discoperta non apparisce, che un effetto del
caso; se la traccia di certi caratteri ci mette a portata di vedere tutti i fatti seguiti nei
tempi più lontani da noi; si potrebbe asserire, che non fosse possibile trovare un’arte, la
quale ci disvelasse le cose, che debbono succedere?
Questi avvenimenti sono contenuti in ciascuno stato attuale dell’Universo; per
estrarnegli non sarebbero necessari, che lumi sufficienti, ma lumi forse tali non sperabi-
li dalla Umanità.
La via dell’esperienza sembra la più adatta per noi, ed è essa quel metodo, a cui
pretendono gli Astrologi di essere debitori delle regole loro. Ma quand’anche vi fossero
dei certi rapporti, e sempre uguali tra gli avvenimenti, e le configurazioni celesti, qual
numero d’esperienze, qual serie di secoli non sarebbe necessario impiegare per disco-
prir tali regole?
L’arte, con cui si estende la memoria, i soccorsi coi quali si fortifica l’imma-
ginazione; i mezzi, ond’essa è distrutta, ovvero sospesa, non son eglino tutti fenomeni, i
quali, se con attenzione bastante vi si riflette, potrebbero far dubitare se col mezzo
d’un’arte simile potesse condursi l’immaginazione persino ad avere delle rappresenta-
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