Page 55 - Federico Focher (a cura di), PIERRE-LOUIS MOREAU DE MAUPERTUIS Lettere filosofiche e scientifiche
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Lettere filosofiche e scientifiche

dustria degli Uomini, ed a quei maravigliosi stromenti, i quali misuran il tempo della lor
vita, e ad essi rendono conto di tutti i loro momenti.
Tutte queste macchine non hanno se non un certo limitato esercizio dipendente dal-
la forza, che le sa movere. Ciò, che può farsi dal più celebre artefice si è, impiegare
quanto più sia possibile utilmente questa forza, e prolungarne per più tempo l’effetto, il
quale termina finalmente o più presto, o più tardi allora quando la forza è sfinita, ovve-
ro cessa di essere ad esse applicata.
Le persone ragionevoli si contentarono di ciò, e certamente aveano perchè conten-
tarsene: le altre cercarono delle macchine, nelle quali un moto impresso una volta si
conservasse sempre e questo fu da loro chiamato il moto perpetuo.
L’acqua, e l’Aria non furono agenti bastantemente conformi al lor gusto, nè assai
durevoli per dare a una macchina un tal moto; e coloro che lo cercano, escludono dalle
forze che debbono farla movere non solamente l’Acqua, ed il Vento, ma altresì qualche
altro agente naturale, che vi potrebbe essere impiegato.
Un moto perpetuo prodotto dal cambiamento de’ pesi dell’Atmosfera, ovvero dal
raccorciamento, e dall’allongamento, che cagionano il freddo, ed il caldo, non sarebbe
per queste spezie di Filosofi il vero moto perpetuo.
Vi sono nella Natura due forze universali, e costanti, e sono proprie di tutte le parti
della materia, e gli effetti delle quali nelle medesime circostanze sono sempre li stessi:
cioè l’Inerzia, ed il Peso.
L’una è quella forza, che hanno tutti i corpi onde perseverare nello stato di riposo,
o di moto, in cui son essi posti una volta; l’altra è la forza, che gli tragge, ovvero gli
spinge continuamente verso la Terra, e queste sono le due sole forze, le quali da coloro,
che cercano il moto perpetuo sono state prese per principj di esso.
Io non so nemmeno se i rigoristi fossero contenti d’un moto perpetuo, il di cui
principio fosse il peso; perchè operando continuamente questa forza su i corpi, che essa
fa movere, potrebbe esserne considerato l’effetto come sempre nuova addizione di mo-
to; e coloro, i quali credono che il peso sia l’effetto di qualche materia, che spinga i
corpi verso la Terra, potrebbero particolarmente rigettarla, e porla nella classe delle for-
ze del vento, e dell’Acqua.
Comunque ciò sia, ristringendosi alle forze del peso, e dell’inerzia, si può asserire,
che tutte le macchine, le quali avranno queste forze per loro principj, anche nella co-
struzione la più avvantagiosa, che sia loro possibile di dare, si ridurranno o a conserva-
re, per via delle trasmissioni d’un corpo all’altro, il moto in esse impresso, ovvero a
prolungarlo facendo ascendere alcuni corpi colla discesa di altri. Tutte le ruote, tutte le
carrucole, tutte le leve, e tutto ciò, che complicherà la macchina, non farà altro, che ma-
scherar la cosa, e traviando l’immaginazione del macchinista, gliela farà creder possibi-
le con quei mezzi medesimi, onde la possibilità stessa ne viene scemata; poichè quanto
più le macchine sono composte tanto più il fregamento delle loro parti ne va distrug-
gendo il moto.
La questione dunque del moto perpetuo si riduce a sapere, se si possa prolungare in
infinito la durazione del moto coll’alternativa della discesa, e della salita de’ corpi; ov-
vero coll’urto de’ corpi i quali ne incontrino degli altri; ossia col peso, e coll’inerzia.



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