Page 48 - Federico Focher (a cura di), PIERRE-LOUIS MOREAU DE MAUPERTUIS Lettere filosofiche e scientifiche
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Pierre-Louis Moreau de Maupertuis

meno, che conciliasse insieme queste due proprietà. Tutti i Filosofi si accordarono in
pensare, che questi fenomeni dovevano provenire da qualche principio generale; ma
dopo di essersi divisi su di questo fra loro, ebbero gli uni, e gli altri la mortificazione di
vedere, che la Natura non adottava veruno di quelli, che aveano eglino scelto.
Cartesio, e la sua setta asserirono, che in tutti i fenomeni, i quali accompagnano
l’urto dei corpi, una certa quantità, da loro chiamata la quantità di moto, avanti, e dopo
l’urto si conservava sempre la stessa; e questa quantità era il prodotto di ciascun corpo
moltiplicato per la sua velocità. Fu loro però fatto vedere, che se questa quantità si
manteneva in qualche caso, in altri si accresceva, si scemava, ed anche si annullava.
Leibnizio, e i suoi discepoli presero un altro principio. Eglino credettero, che nell’urto
de’ corpi vi fosse una quantità, la quale si conservasse inalterabile; ma presero per que-
sta quantità il prodotto di ciascun corpo moltiplicato pel quarto della sua velocità, e la
chiamarono forza viva.
L’uno e l’altro di questi principj avea qualche cosa di spezioso, e di capace di se-
durre. Il moto, e la forza sono realità in natura, le quali non si comprende facilmente,
che possano esser prodotte nè annichilate: per altro la durazione del Mondo, e la perse-
veranza de’ suoi movimenti potevano far pensare, che il moto, e la forza si mantenesse-
ro sempre gli stessi nell’universo, e sempre capaci di conservare ovvero di riprodurre i
medesimi effetti.
Il Newtono più attento ad osservar la Natura, che a fabbricar sistemi, vedendo, che
nell’incontro di differenti parti della materia, il moto si distruggeva più spesso di quel-
lo, che ricevesse accrescimento, credè, che finalmente si annullerebbe affatto, se Iddio
non imprimesse di tempo in tempo nella macchina del mondo delle forze novelle. Que-
sta idea parve poco filosofica a coloro, i quali volevano torre alla Divinità il dominio del
Mondo. I Leibniziani soprattutto se ne fecero beffe, e credettero por le cose al sicuro da
questo pericolo colla lor forza viva, che dovea conservarsi inalterabilmente la stessa.
Fu loro mostrato, che questa forza non si manteneva se non nel moto dei corpi ela-
stici, che dovea spesso distruggersi nel moto de’ corpi senza molla, i quali si chiamano
corpi duri. Eglino vollero piuttosto dire, che tutti i corpi erano elastici, e che non si da-
vano in natura corpi duri, che abbandonare un così util principio, e per sostenere un si-
stema arrischiato caddero in una assurdità manifesta. Poichè lunghi dall’essere elastici,
tutti i corpi son duri; cioè, che i corpi primitivi sono inflessibili, e che la molla, che si
scorge in alcuni non è che un effetto della ordinazione delle parti di questi, e d’una loro
particolare organizzazione.
Ma avendo della materia l’idea, che debbesi avere, ed ammettendo in Natura dei
corpi elastici, e dei corpi duri, e ossia che gli uni sieno i primitivi, ossia che gli altri
sieno i composti, la quantità di moto, e la quantità della forza viva non si conservano
giammai inalterate. Dunque una tale pretesa conservazione non potrebbe essere il prin-
cipio, sul quale sono fondate le leggi generali del moto.
Un principio veramente universale, da cui derivano queste leggi, e che ha luogo nel
moto dei corpi duri, dei corpi elastici, della luce, e di tutte le sostanze corporee, si è che
in tutti i cambiamenti i quali succedono nell’universo, la somma dei prodotti di ciasche-
dun corpo moltiplicata per lo spazio, che egli trascorre, e per la velocità con cui trascor-
re, lo che si chiama la quantità d’azione, è sempre la più piccola, che sia possibile.


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