Page 35 - Federico Focher (a cura di), PIERRE-LOUIS MOREAU DE MAUPERTUIS Lettere filosofiche e scientifiche
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Lettere filosofiche e scientifiche

una certa misura di contento, e di rammarico, la quale in ogni tempo gli occupa
l’immaginazione.
Io non pretendo di dire, che colui che perde una persona, che egli ama; che
l’ambizioso, il quale ottiene ciò che desidera, non abbiano in allora dei sentimenti assai
diversi dei loro ordinarj, ma dico, che poco dopo il prospero o doloroso successo, egli-
no ritorneranno nel loro solito stato.
Se può esser permesso di paragonarsi una Sostanza Intelligente coi corpi, io dirò,
che siccome le macchine in moto hanno un certo stato a cui ritornan mai sempre, qua-
lunque sia l’effetto dei moti stranieri che possono essere stati in esse impresse, lo che
dai matematici è detto statum permanentem; così l’anima, non ostante le scosse straor-
dinarie che l’hanno agitata ritorna ben presto a un certo stato di contento, ossia di cor-
doglio, che è propriamente il suo stato permanente.
Eccettuo però certi casi straordinarj, nei quali riceve l’anima scosse così violenti,
che qualche volta ne risente l’impressione per lungo tratto di tempo. Ve ne sono anche
talune che possono alterare le sue funzioni per sempre. Queste disavventure dipendono
dalla forza del colpo, ovvero dalla debolezza di chi lo riceve. Sono esse di differenti
generi e portano nomi differenti. Qualche volta la scossa in tal maniera sconcerta
l’anima che ne pone tutte l’idee in un disordine irreparabile, e allora l’Uomo è pazzo.
Talora sembra che essa le distrugga tutte l’idee, per conservarlene una sola nel suo
maggior grado di forza, ed ecco l’Uomo malinconico. Ma questi sono accidenti singola-
ri su i quali vi è da fare una mesta osservazione, cioè, che siccome non è mai il piacere
che gli produce, ma il dolore, così portano sempre impresso il carattere della cagione,
onde son essi prodotti. Tutti i pazzi sono infelici, ma più assai lo sono i malinconici.



LETTERA IV

Sopra la maniera con cui noi percepiamo
I. Le nostre percezioni entrano nell’Anima nostra col mezzo dei sensi: l’odorato,
l’udito, il gusto, il tatto, e la vista. Ciascuno di essi ci fa provare delle percezioni diffe-
renti, e tutti c’ingannano se non si stia con molta attenzione.
Un fiore cresce nel mio giardino, ne esalano delle parti sottili, le quali vengono a
colpire i nervi del mio naso, ed io provo la sensazione, che chiamo odore. Ma questa
sensazione a chi appartiene? senza dubbio alla mia anima. L’urto di alcuni corpi può
ben esserne la causa, o l’occasione, ma egli è evidente che tutto il fisico di questo fe-
nomeno non ha nulla di comune colla sensazione d’odore, non ha nulla che gli rassomi-
gli, nè che gli possa rassomigliare; Perchè come una percezione rassomiglierebbe ella
ad un moto? Ecco ciò di che tutti i filosofi convengono, e di che converranno tutti colo-
ro i quali vi averanno pensato.
Io pizzico la corda di un liuto; ella produce delle vibrazioni le quali imprimono
nell’aria un moto onde essa colpisce il timpano della mia orecchia, ed io provo la sen-
sazione del suono. Ma quale cosa mai il moto della corda, e dell’aria può avere di co-
mune col sentimento ch’io provo?


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