Page 94 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale

9.2.1. La definizione e i caratteri distintivi del processo inquisitorio
Thomasius prende le mosse da una definizione del processo inquisitorio che merita di
essere attentamente considerata, in quanto, oltre a presentarsi come assai più ricca, arti-
colata e problematica rispetto a quelle incontrate fino a questo momento, rispecchia con
puntualità l’effettiva situazione dell’amministrazione della giustizia penale nell’Europa
del primo Settecento:

Il processo inquisitorio […] è un modello di giudizio, secondo il quale il giudice
persegue ex officio sulla base di determinati indizi l’autore di un commesso delitto, e
in base alle differenti circostanze lo costringe in carcere e, mancando per lo più le
prove, lo sottopone in vari modi a tortura per strappare la sua confessione, e dopo la
tortura o assolve l’imputato, o lo condanna a subire la pena che è costume infliggere,
ed esegue quella pena secondo un determinato ordine prescritto o normalmente seguito
(«Inquisitorius processus […] est ordo iudicialis, secundum quem iudex ex officio
secundum normam indiciorum quorundam inquirit in delicti alicuius commissi
auctorem, eumque secundum diversitatem circumstantiarum carcere excludit, ac
deficientibus plerumque probationibus ad eruendam eius confessionem varis modis
torquet, ac post torturam reum vel absolvit, vel condemnat ad poenam moribus
receptam patiendam, eamque poenam secundum certum ordinem praescriptum vel
usitatum exequitur»).
La definizione è intesa, secondo il disegno dell’autore, a evidenziare le più rilevanti
differenze tra inquisitio e accusatio, ed è accompagnata da una serie di note esplicative
dalle quali traspare una prima scelta di campo a favore del secondo tra i due modelli.
Le antinomie segnalate da Thomasius meritano di essere prese in attenta considerazio-
ne, in quanto molte di esse diventeranno veri e propri cavalli di battaglia dalla polemica
illuminista del maturo Settecento. Esse possono essere riassunte nel modo seguente.
a) Il processo inquisitorio è condotto essenzialmente ex officio, e cioè senza un vero
accusatore («sine accusatore vero»); ne consegue che in tale forma processuale il magi-
strato sostiene sempre e contemporaneamente i due diversi ruoli di attore e di giudice.
b) Nel processo inquisitorio gli indizi, secondo una scala di gravità, possono essere
sufficienti: 1) per iniziare una specifica indagine (inquisitio specialis) nei confronti di
una determinata persona (indicia ad inquisitionem); 2) per la cattura dell’imputato
(indicia ad capturam); 3) per la sottoposizione di quest’ultimo alla tortura (indicia ad
torturam). Non possono però mai essere sufficienti per la condanna alla pena edittale, in
quanto non forniscono una certezza assoluta (essendo «argumenta dubia»). Nel processo
inquisitorio, dunque, si può condannare solo sulla base di prove legali più chiare della
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luce meridiana («luce meridiana clariores», secondo il risalente principio romanistico) .
In concreto, una volta accertata 1) l’esistenza del reato (corpus delicti) e 2) la sussistenza
di indizi più o meno gravi a carico dell’imputato, nel modello inquisitorio, qualora manchi
la prova legale risultante dalla deposizione concorde di almeno due testimoni («duo testes
in ipso crimine deponentes»), la confessione risulta l’unico mezzo per pervenire alla
condanna. A ciò si aggiunga che la scala di gravità degli indizi è assolutamente vaga e

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Cfr. C., 4, 19, 25.
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