Page 92 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale

Decisiva per tale presa di posizione è quella norma degli Statuti di Utrecht che
prescrive di ricorrere allo ius commune nel silenzio della legislazione locale. Negli
Statuti manca infatti una specifica disciplina dell’accusatio, e se si fa menzione del
solo Schout ciò accade perché sono in realtà pochissimi gli accusatori privati, e non
perché essi non siano assolutamente ammessi. Confortato anche da una normativa
territoriale, le Instructiones Curiae Provincialis (che accennano appunto al diritto
comune come fonte di disciplina dell’accusatio) e dalle consuetudini della vicina
provincia dell’Olanda (che permettono l’esercizio dell’accusa al soggetto passivo del
reato), Matthaeus conclude che si devono senz’altro interpretare gli Statuti di Utrecht,
se non nel senso di un pieno riconoscimento a ogni cittadino del diritto d’accusa,
quantomeno nel senso di un riconoscimento di tale diritto alle vittime del reato («ad
quos iniuria pertinet»).



9.1.3. La spia di un’evoluzione culturale
Dopo avere dedicato quasi ogni pagina del De Criminibus a un grandioso affresco sto-
rico-giuridico, Matthaeus conclude la propria fatica conducendo una piccola e circo-
scritta battaglia a favore del riconoscimento, in una situazione locale – quella della città
di Utrecht – che non appare molto propizia, della rilevanza dell’iniziativa processuale
privata. Il ragionamento si sviluppa con attenzione, talora con sottigliezza, e sfrutta ab-
bondantemente gli strumenti offerti dalla logica e dalla tecnica giuridica, non disde-
gnando di ricorrere anche alla filologia e alla comparazione. Ma si tratta pur sempre di
una battaglia difensiva, sospesa fra un prudente scetticismo e l’indicazione di alternati-
ve per momento concretamente impercorribili.
Tra le righe del discorso si avverte pienamente il disagio del giurista che, reduce da
una appassionata e dotta ricostituzione accusatoria del sistema penale, si trova di nuovo
immerso nella quotidiana realtà inquisitoria, una realtà che non solo permea tutti i setto-
ri e tutti i livelli dell’amministrazione della giustizia, ma che si è ormai saldamente in-
serita anche nelle abitudini e nelle opinioni della gente. È forse da questa nitida co-
scienza dei caratteri e dell’apparente saldezza delle strutture vigenti che scaturisce quel-
la sensazione di disappunto e di impotenza che sembra talora contraddistinguere i capi-
toli del De Criminibus.
Nondimeno, la testimonianza di Matthaeus non deve essere affatto giudicata steri-
le. Il suo itinerario di ricerca non si esaurisce infatti in una battaglia di retroguardia in-
tesa a salvare il salvabile di un modello ideale, tecnicamente perfetto, personalmente
prediletto, ma concretamente irrealizzabile. Al contrario, i contenuti del De Criminibus
costituiscono il segnale più evidente che i tempi e la stessa cultura giuspenalistica euro-
pea stanno rapidamente evolvendosi, tanto nel metodo quanto nei contenuti, verso for-
me e atteggiamenti nuovi, destinati a trovare piena maturazione e compiuta espressione
durante l’Età dei Lumi.






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