Page 99 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Capitolo 9 – Proposte e discussioni nell’età del razionalismo giusnaturalista

erra il medico che, diagnosticata la malattia, la vuole eliminare con violenti rimedi
contrari che spesso, in luogo della sperata salute, accelerano la morte. Nello stesso
modo errano i giuristi e i politici che, diagnosticata la malattia della cosa pubblica,
pensano che sia facilissimo trovare i rimedi […] o ritengono di eliminare gli abusi
attraverso violenti interventi legislativi («errat medicus, qui cognito morbo eundem
vult tollere per remedia violentia contraria, saepe mortem loco sanitatis speratae
accelerantia. Ita iurisconsulti et politici errant, qui cognito rei publicae morbum
putant, facillimum esse, invenire remedia, […] aut qui rerum abusus per leges
violentas tollere autumant»).

In effetti, tutto il bene non sta sempre solo da una parte («nihil est ab omni parte
beatum»): anche il processo accusatorio ha infatti aspetti criticabili, che possono essere
verificati considerando l’esperienza inglese (ove si manifestano abusi come ad esempio
la frequenza dei falsi testimoni). Dunque, secondo Thomasius è necessario procedere
nel giusto mezzo («media via incedendum»): è cioè necessario imboccare la strada di
una attenta e paziente riforma, individuando i pur gravi difetti del sistema ed eliminan-
doli gradualmente, senza rivolgimenti troppo repentini, che potrebbero causare incon-
venienti pari a quelli del metodo inquisitorio.
Al di là di questa prudente (ma forse proprio per questo non più utopistica) conclu-
sione, non si può negare che anche nel De origine processus inquisitorii sia presente
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quella «provocante e innovativa apertura critica» che per il resto caratterizza tanta
parte della produzione penalistica thomasiana. Da questo punto di vista, anche la di-
scussione sul processo penale si inserisce pienamente in quel progetto di secolarizza-
zione e di laicizzazione del diritto (e di contestuale difesa della libertà di coscienza e
della tolleranza religiosa) che Thomasius sviluppa mediante la rigorosa applicazione
allo studio della giurisprudenza dei presupposti giusrazionalistici e giusnaturalistici.
Questa in particolare è la grossa novità introdotta nell’affrontare il tema della for-
ma del processo penale. Con il De origine processus inquisitorii alla critica di prevalen-
te ispirazione umanistica – tipica ad esempio di Ayrault e di Deciani, e che ancora con-
diziona, nonostante le prime notevoli aperture, l’opera di Matthaeus – si sovrappone
una impostazione compiutamente razionalista e giusnaturalista, pienamente in grado di
liberare il discorso da quella sorta di ‘ipoteca romanistica’ che, individuando la solu-
zione del problema processualpenalistico in una inattuabile operazione di recupero del-
le strutture classiche e giustinianee, rendeva sotto molti aspetti sterile il programma dei
fautori dell’indirizzo culto.
Alla luce di queste sintetiche considerazioni, appare dunque lecito attribuire
all’atteggiamento precocemente illuministico espresso da Thomasius nel De origine
processus inquisitorii il ruolo di simbolico punto di discrimine per la storia della forma
del processo penale nell’Europa del tardo diritto comune.
È pur vero, come abbiamo visto, che la criminalistica di stampo tradizionalista,
erede di una plurisecolare elaborazione dottrinale, continua a manifestare fino alla fine
del XVIII secolo una certa vivacità, con punte qualitative di indubbio interesse e con

10 Adriano Cavanna, Storia del diritto moderno in Europa. Le fonti e il pensiero giuridico, 1, Milano,
Giuffrè, 1979, p. 341.

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