Page 90 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale

9.1.1. La proposta accusatoria
Accusare significa, secondo Matthaeus, investire il giudice della decisione circa un
crimine allo scopo di irrogare pubblicamente al colpevole la pena prevista
dall’ordinamento («accusatio nihil aliud est, quam criminis ad iudicem delatio, atque
exequutio, vindictae publicae caussa facta»). L’accusa si distingue concettualmente sia
dalla semplice denuncia, sia dall’azione civile. La denuncia è infatti un mero atto
informativo totalmente esente dalla regolamentazione formale e dagli adempimenti che
invece caratterizzano l’accusa, enfatizzando il ruolo e la responsabilità che si assume
l’accusatore. Con l’azione civile, invece, difendiamo o recuperiamo come privati cittadini
ciò che ci appartiene, mentre con l’accusa si persegue la pubblica punizione del colpevole.
Poste queste premesse, Matthaeus svolge una lunga e articolata trattazione del mo-
dello accusatorio nel titolo XIII del De Criminibus, a sua volta suddiviso in ben undici
capitoli consacrati prevalentemente aale tre persone del giudizio (l’accusatore, l’accusato,
il giudice) e all’illustrazione delle garanzie formali che lo caratterizzano (il libello accusa-
torio, la contestazione della lite, la citazione, il giuramento di calunnia che spetta
all’accusatore). Da tale trattazione emerge la precisa convinzione che l’accusatio debba
essere considerata metodo regolare e ordinario non solo in ordine all’avvio del procedi-
mento, ma anche per tutte le fasi dello stesso fino all’esecuzione della sentenza.
Utilizzando razionalmente norme e istituti desunti per lo più da fonti classiche o
giustinianee, Matthaeus isola e definisce una nitida struttura processuale prevalente-
mente orale, pubblica in ogni sua fase, incentrata sull’appartenenza del diritto d’accusa
a ogni individuo (al «quivis e populo»), non sorda a istanze garantiste e umanitarie
(come nel caso della rigida e restrittiva posizione in tema di tortura), e informata a cri-
teri di certezza limitatrice della discrezionalità del giudice, segnatamente in ordine alla
possibilità, in caso di insufficiente prova legale, di irrogare pene arbitrarie o di procede-
re a un’assoluzione non definitiva (absoltutio ab instantia).



9.1.2. La delimitazione dell’inquisizione e il caso degli Statuti di Utrecht
Matthaeus non è però giurista interessato solamente a tematiche astratte o a costruzioni
teoriche. Egli infatti, se anticipa taluni temi destinati a essere ripresi dalla critica illu-
minista anche più radicale, dimostra di essere ben presente alla realtà della sua epoca
quando prende in considerazione e discute, nel centesimo e ultimo titolo del De Crimi-
nibus, i caratteri e l’ampia diffusione dell’inquisitio, l’unico modello processuale che a
suo avviso risulti concretamente alternativo all’accusatio.
Anche in questo caso si parte dalla definizione. La parola inquisitio

denota quei giudizi, mediante i quali il giudice agisce ex officio nei confronti dei
rei, sebbene nessuno si sia sottoscritto come accusatore del crimine («denotat ea
iudicia, quibus iudex ex officio in reos inquirit, atque animadvertit, licet nullus in
crimen inscripserit accusator»).





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