Page 91 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Capitolo 9 – Proposte e discussioni nell’età del razionalismo giusnaturalista
Il criterio distintivo tra i due metodi risiede dunque nel fatto che l’uno è incentrato
sull’iniziativa processuale del privato accusatore, l’altro sull’attività ex officio del magi-
strato. Quanto alla diffusione, vi è stato un tempo – segnatamente l’età antica – nel quale
l’accusa era la modalità più frequente e per così dire ordinaria per giungere alla
punizione dei crimini; l’inquisizione da parte sua, in quanto più rara, era un modo
pressoché straordinario di perseguire i colpevoli («accusatio erat frequentissima,
et ut ita loquar, ordinaria vindicandorum criminum ratio; inquisitio autem, quo-
niam rarior, quasi extraordinarius peragendi reos modus»).
Sulla base di questa osservazione, Matthaeus liquida in poco più di una paginetta
l’«ordo inquisitorius», sottolineando come esso rappresenti nella compilazione giusti-
nianea un aspetto secondario del modello processuale romano.
Le cose funzionano però in modo assai diverso nei Paesi Bassi – e ovviamente
nell’intera Europa continentale – del XVII secolo, e a dimostrare tale verità stanno an-
che le rubriche 34, 35 e 36 degli Statuti di Utrecht, la città ove l’autore vive e lavora. In
queste rubriche non appare alcuna menzione della figura dell’accusatore privato, men-
tre tutte le iniziative e le attività processuali fanno capo al solo Schout, e cioè – secondo
la traduzione latina utilizzata dallo stesso Matthaeus – al pretore («praetor») di Utrecht:
Nel diritto municipale di questa città non vi è pressoché nessuna menzione
dell’accusatore; tutto il discorso si rivolge allo Schout («Accusatoris in iure muni-
cipali civitatis huius mentio vix nulla; sermo omnis ad praetorem dirigitur»).
La causa diretta di tutto ciò è facilmente individuabile:
Non è difficile comprendere per quale motivo ciò accada; infatti i privati hanno
pressoché cessato di accusare, e solamente il procuratore fiscale e lo Schout svolgono
questa funzione («Cur id fiat, non est obscurum; fere enim desierunt accusare privati,
solusque fisci procurator, atque praetor eo munere defunguntur»).
Matthaeus non pare molto interessato a stabilire le remote origini di questa situazione.
Piuttosto, si preoccupa in primo luogo di illustrare il procedimento inquisitorio seguito
a Utrecht, e tenta in secondo luogo di ritagliare in esso, nonostante i silenzi della fonte
locale, uno spazio il più ampio possibile per l’iniziativa del privato.
A prima vista a Utrecht il singolo non sembra avere alcun diritto all’accusatio: in
caso contrario gli Statuti ne avrebbero almeno fatto cenno, e invece tale facoltà risulta
sottratta al cittadino in ogni parte della stessa normativa. A ciò si aggiunga che sia in
Francia che in Belgio viene bensì concesso di agire civilmente per i danni e gli interessi
o di denunciare, ma non di accusare. Ciò nonostante,
ritengo maggiormente corrispondente al vero che ai privati, e segnatamente a coloro
che perseguono offese subite personalmente o dai loro prossimi, non debba essere
negata la facoltà di accusare («verius existimo, privatis, inprimis iis qui suam
suorumve iniuriam persequuntur, non esse denegandam accusandi facultatem»).
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