Page 96 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale

queste due ultime sezioni – oltre a dare, nelle intenzioni dell’autore, un contributo deci-
sivo alla tesi dell’origine canonistica del processo inquisitorio – servono sia a confer-
mare l’opinione che identifica nella più risalente diffusione dell’accusatio e nello svi-
luppo più recente dell’inquisitio un chiaro indizio dell’appartenenza al diritto naturale
del primo modello, sia a proporre al lettore alcuni autorevoli esempi di strutture accusa-
torie sviluppatesi nel passato.



9.2.2.1. La matrice giusnaturalistica dell’accusatio

Ma torniamo al diritto naturale. Thomasius fissa in via preliminare gli obiettivi della
discussione, con la quale intende dimostrare la matrice giusnaturalistica dell’accusatio
e di conseguenza che: a) l’ufficio punitivo del giudice non richiede il ricorso al proces-
so inquisitorio; b) l’inquisitio non deve essere accolta come rimedio ordinario; c) il
modello inquisitorio non è più utile alla «res publica» di quello accusatorio.
Come abbiamo testé accennato, grande rilevanza è innanzitutto annessa alla antica
diffusione delle forme accusatorie: già tale dato sarebbe sufficiente per dimostrarne non
solo la superiorità, ma anche lo stretto rapporto con il diritto di natura. Posta questa
considerazione, Thomasius passa a contestare chi afferma che, poiché il compito dello
Stato e quindi del giudice è di impedire che i reati rimangano impuniti (secondo il risa-
lente brocardo interest reipublice ne delicta remaneant impunita), l’ufficio del giudice
debba necessariamente consistere nel condurre l’inquisizione sui delitti, anche se non vi
sia nessuno che accusi («officium iudicis consistit, in eo, ut inquirat in delicta, etiamsi
nemo accuset»). Thomasius risponde che tale considerazione prova solo un dato resi-
duale, e cioè l’utilità dell’inquisizione come rimedio straordinario (che diventerebbe
altresì del tutto superfluo se solo si promuovesse una accorta politica anche premiale di
promozione e protezione delle accuse private). In realtà, il giudice è chiamato per dirit-
to naturale ad amministrare la giustizia in modo equo e imparziale, e non può dunque
infrangere tale principio assumendo iniziative di parte. In effetti, appartiene ai fonda-
menti naturali del giudizio il fatto che ogni processo debba richiedere, per la sua costi-
tuzione, la presenza di tre persone distinte, l’attore (o accusatore), il convenuto (o accu-
sato), e il giudice, senza commistione di ruoli e funzioni, poiché nessuno può convenire
se stesso o essere giudice in causa propria.
A queste ultime considerazioni, di per sé sufficienti a dimostrare l’assunto, Thoma-
sius aggiunge una nutrita serie di ulteriori puntuali risposte a singole obiezioni avanzate
dai fautori del modello inquisitorio.
A coloro che – richiamando vecchie teorie medievali – sostengono che nel proces-
so inquisitorio possono essere gli indizi a svolgere idealmente il ruolo dell’accusatore
Thomasius fa notare che gli indizi sono circostanze di fatto mentre l’accusatore è una
persona fisica e che quindi qui si confondono grossolanamente elementi la cui natura è
anche in diritto diversissima.
L’argomento secondo cui spesso gli accusatori sono prezzolati e si trasformano in
calunniatori è sbrigativamente liquidato con l’osservazione che, sotto lo specifico profi-



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