Page 72 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale

critica illuministica, che lo ha accusato (il giudizio è di Filippo Maria Renazzi) di esse-
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re un grossolano accumulatore di opinioni altrui.
In effetti, la trattazione del tema accusa-inquisizione nel testo più noto del giurista
romano, la poderosa Praxis et Theorica Ciminalis – pubblicata in più volumi a partire
dal 1589 e destinata a un clamoroso successo editoriale a livello europeo come privile-
giato testo di consultazione degli operatori professionali – conferma la fama di eclettico
compilatore (ma anche di discreto sistematizzatore) guadagnata dall’autore presso
buona parte della moderna storiografia. Farinacci non aggiunge pressoché nulla di
nuovo alle posizioni dei giuristi che lo hanno preceduto (a partire da Giulio Claro,
abbondantemente citato) e perviene, attraverso percorsi talora tortuosi, a conclusioni
scarsamente originali.
Farinacci opera innanzitutto una singolare contaminazione tra i tradizionali principi
di diritto comune e taluni aspetti della pratica penale, affermando in linea generale che «è
requisito dell’inquisizione il fatto che intervenga un accusatore» («inquisitionis
requisitum est, ut interveniat accusator»), in quanto, essendo l’inquisizione rimedio
straordinario, «il giudice di regola non può inquisire ex officio se non via sia alcun
accusatore» («nemine […] accusante, regulariter iudex ex officio inquirere non potest»).
Alla regola segue peraltro l’eccezione. Tale requisito – che non è richiesto nel diritto
canonico, secondo il quale per ogni delitto il giudice può procedere all’inquisizione – non
è infatti necessario «nei delitti atrocissimi e negli altri casi enumerati» («in delictis
exceptis atrocissimis et aliis casibus enumeratis»), e cioè in tutti quei casi nei quali
secondo il diritto romano-comune «si può formare direttamente l’inquisizione ex officio
anche se non vi sia alcun accusatore» («formari potest inquisitio ex mero iudicis officio
etiam nemine accusante»). Il tutto viene poi superato dalla quasi incidentale osservazione
che, comunque, «oggi per generale consuetudine indistintamente per tutti i delitti si può
procedere ex officio» («hodie de generali consuetudine indistincte in omnibus delictis ex
officio procedi potest»).
Dunque, anche a Farinacci risulta che «indipendentemente da quanto sia stabilito de
iure, oggi l’inquisizione si può formare per tutti i delitti, e viene considerata per generale
consuetudine rimedio ordinario» («quicquid sit de iure, hodie inquisitio formari possit in
omnibus delictis, et dicitur remedium ordinarium ex generali consuetudine»), e che
inoltre «questa consuetudine di procedere ex officio da parte del giudice non riguarda solo
i delitti pubblici, ma anche i privati» («haec consuetudo inquirendi ex officio per iudicem,
procedit nedum in delictis publicis, sed etiam in privatis»). Rimane peraltro ferma la
necessità della presenza dei legittimi presupposti (praeambula legitima), indispensabili al
magistrato per intraprendere l’inquisizione speciale. Tra questi, notevole rilevanza
ottengono, nella Praxis di Farinacci, la fama e gli indicia.

3 Prospero Farinacci (Roma 1544 - ivi 1618), laureatosi a Roma nel 1567, conduce un’esistenza
disordinata punteggiata da nefandezze, iniquità, processi e carcerazioni, che tuttavia non ne troncano la
carriera. Dopo avere svolto una serie di incarichi amministrativi minori si dedica all’avvocatura, che
esercita con grande successo per tutta la vita. Ottenute importanti protezioni, dal 1591 è luogotenente
criminale dell’uditore della Camera Apostolica e dal 1606 al 1611 procuratore generale del Fisco. Dal
1589 pubblica le sue opere criminalistiche, la più importante delle quali resta la Praxis et Theorica
Criminalis, composta secondo la metodologia del tardo Commento e destinata a godere di grandissima
autorità presso i pratici del diritto in Italia e in Europa.

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