Page 71 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Capitolo 7 – Prassi e tradizione dottrinale in Italia dal XVI al XVIII secolo

e) La publicatio processus. Ottenuta o meno la confessione, quando il giudice ri-
tenga esaurita la fase di raccolta del materiale probatorio si passa alla ‘pubblicazione
del processo’ (publicatio processus). All’imputato e, se è stato nominato, al suo patro-
cinatore (o in qualche caso all’avvocato dei poveri) viene trasmessa una copia dei ver-
bali conservati nel fascicolo del processo informativo affinché, conosciuti gli atti della
causa, possa essere esercitato il diritto di difesa. Per una regola generale che molti giu-
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risti fanno risalire al diritto naturale, nessuno, anche se reo confesso, può infatti essere
condannato senza che abbia avuto la possibilità di esercitare tale diritto. La consegna
del ‘processo informativo’ è accompagnata dall’assegnazione di brevi termini a difesa
(pochi giorni).
f) Il processo difensivo. La difesa consiste nell’elaborazione di uno o più documen-
ti scritti – solitamente memorie o capitula – raccolti nell’apposito fascicolo del ‘proces-
so difensivo’ nei quali sono illustrati gli elementi di fatto e di diritto che si ritiene op-
portuno sottoporre pro reo all’esame del tribunale. Si tratta in genere di contestazioni (e
di conseguenti eccezioni di nullità) relative a vizi di carattere procedurale e al mancato
rispetto di forme essenziali o che segnalano abusi e illegalità ovvero la presenza di cir-
costanze o fatti giustificativi non presi in considerazione nel processo informativo. In
sede di processo difensivo può anche essere presentata la richiesta – sulla quale decide
il tribunale – di sentire eventuali testimoni a difesa.
g) La decisione della causa. Come abbiamo già osservato, nel processo penale di
diritto comune non è prevista una fase dibattimentale (anche se – giova segnalarlo – in
alcuni ordinamenti e in talune prassi locali è concesso al patrocinatore di illustrare
oralmente al tribunale il punto di vista della difesa). Ne consegue che la causa è decisa
in camera di consiglio – sentite le conclusioni dell’avvocatura fiscale – sulla base della
documentazione contenuta nei fascicoli del processo informativo e del processo
difensivo dallo stesso giudice che ha condotto il processo informativo (o da un collegio
del quale fa parte, di regola come relatore, il giudice inquisitore o, come si soleva dire,
processante). Spesso per i reati più gravi (ad esempio nei casi puniti con la pena
capitale o con una mutilazione) la decisione del tribunale locale assume la veste di
semplice votum consultivo che deve essere trasmesso, per la sentenza definitiva e
inappellabile, a una delle grandi corti centrali (Senato, Rota, ecc.) sorte dalla fine del
XV secolo. Tali corti hanno altresì facoltà di intervenire in ogni fase della procedura e
di avocare le cause ritenute più rilevanti




7.3. Un modello: l’impostazione eclettica di Prospero Farinacci
Per tornare alla dottrina processualpenalistica italiana, una precoce summa di alcuni tra
gli ambigui atteggiamenti che la contraddistinguono nell’età del tardo diritto comune è
offerta, tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento, dall’opera di Prospero
Farinacci, autore tanto celebrato dai contemporanei quanto vituperato dalla successiva

2 Che la defensio si fondi sul diritto naturale («a iure provenit naturali») lo aveva già affermato, in ambito
canonistico, la decretale Pastoralis del 1313 (in seguito accolta nelle Constitutiones Clementinae, 2.11.2).

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