Page 64 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale
Destinati a «porre forma et ordine al proceder de le cause criminali», i Novi Ordini
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del 1565 operano in un rapporto di complementarietà rispetto al diritto comune, e tra-
discono una impostazione manualistica nel contempo espositiva e sistematica, simile
per certi versi a quella riscontrabile nella Constitutio Criminalis Carolina. La riforma
di Emanuele Filiberto attribuisce la giurisdizione penale alle corti ordinarie ducali sta-
bilite in materia civile, fatte salve le competenze delle giudicature feudali, privilegiate o
statutarie. Il giudice che si dimostri lento o negligente viene punito, e in tal caso la co-
gnizione passa alla corte superiore. Come in Francia (ma il dato è riscontrabile anche
nelle Nuove Costituzioni milanesi), un ruolo di primo piano è assegnato ai procuratori
(o avvocati) fiscali, che erano già comparsi nei domini sabaudi all’inizio del Quattro-
cento durante il regno di Amedeo VIII, e i cui compiti vengono ora ulteriormente preci-
sati e razionalizzati. Presso ogni corte viene infatti istituito un ufficio fiscale che, oltre a
promuovere l’inquisizione per tutti i reati, partecipa all’esame degli imputati e dei te-
stimoni, replica alle difese, e presenta al giudice le proprie conclusioni.
L’inquisizione costituisce l’asse portante di tutto il procedimento e viene iniziata
ex officio dal giudice non appena avuta notizia del reato. Tutto si svolge nel pieno ri-
spetto dei principi della segretezza e della scrittura, secondo l’ormai consueta imposta-
zione volta al conseguimento della prova regina, la confessione, passando se necessario
attraverso la tortura. Gli imputati detenuti vengono sottoposti a un primo interrogatorio
alla presenza del fiscale entro ventiquattro ore dall’arresto, e vengono – con spirito pra-
tico – esonerati dal prestare giuramento «poiché verisimilmente si può giudicare che
essi per salvar la vita et l’honore non si faranno coscienza di negar il vero et giurar il
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falso». Il ricorso alla tortura è deliberato con decisione che – analogamente a quanto
previsto dall’art. 163 dell’Ordonnance di Villers-Cotterêts – può essere impugnata da-
vanti al «giudice dell’apelatione o vero al Senato». In caso di mancata confessione, i
testimoni possono essere nuovamente sentiti alla presenza dell’imputato qualora il giu-
dice lo ritenga necessario per scoprire la verità.
Compiuta l’inquisizione, una copia delle deposizioni testimoniali viene consegnata
all’imputato, che ha dieci giorni di tempo (cinque se reo confesso) per presentare le
proprie difese anche per mezzo di un «procurator o altro defensore deputato». La fase
deliberativa è ridotta al minimo indispensabile e si fonda sulla documentazione contenuta
nel fascicolo processuale. La sentenza è appellabile. Il fiscale può impugnare
l’assoluzione presso il Senato nei casi punibili con pena di morte, mutilazione di un arto,
fustigazione o altra pena corporale. Il condannato può a sua volta appellare per gradi, ov-
vero adire direttamente il Senato, salvo che si tratti di suddito di un feudatario dotato del-
la cognizione di secondo grado. Allo stesso Senato è attribuita la facoltà di avocare e de-
cidere direttamente le cause criminali relative ai delitti pubblici punibili con pena corpo-
rale o pecuniaria di notevole entità. Queste ultime prescrizioni fanno chiaramente com-
4 I giudici procedono infatti «secondo la dispositione delle Leggi comuni, salvo nelle parti che fossero
vietate, corrette, aumentate e ristrette per gli Ordini seguenti».
5 In verità la regola – che riguarda gli imputati «incarcerati» e chiunque altro «a cui venga apposto alcun
delitto» – non è contenuta negli Ordini criminali del 1565 ma viene per così dire ‘anticipata’ nel Libro
Terzo dei Novi Ordini, promulgato nel 1561 e consacrato alla regolamentazione del processo civile. La
norma relativa all’esenzione dal giuramento «nelle cause criminali» è contenuta nel capitolo [25], Del
giuramento.
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