Page 28 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale
cia affinché i reati non rimangano impuniti («ne maleficia remaneant impunita»), e non
esita a dichiarare al riguardo
che l’inquisizione è più adatta a reprimere i delitti dell’accusa, per cui molte nor-
me statutarie che favoriscono l’inquisizione non si estendono all’accusa («quod
magis favorabilis est inquisitio ad reprimendum ipsa delicta quam accusatio, unde
multa statuta in favorem inquisitionis non extenduntur ad accusationem»).
Questa affermazione (nella quale ancora una volta non manca il riferimento alla pratica
e alla realtà normativa), se da un lato può rispecchiare le attitudini e le esperienze per-
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sonali dell’autore, dall’altro costituisce il segnale dei mutamenti ideologici sopravve-
nuti in una dottrina nella quale il rispetto per l’autorità e i dettami della tradizione ro-
mano-giustinianea si trova a combattere una dura battaglia sostanzialmente di retro-
guardia con la necessità di dare risposte adeguate alle esigenze della repressione penale
in un mondo in trasformazione.
2.4. Il XVI secolo: Egidio Bossi e le residue contraddizioni tra dottrina e prassi
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Un secolo più tardi, il criminalista milanese Egidio Bossi nei suoi Tractatus Varii (edi-
ti postumi per la prima volta a Lione e Venezia nel 1562) espone con diligenza e pun-
tualità lo stato della coeva dottrina processualpenalistica su un ampio ventaglio di pro-
blemi, segnalando alcuni tra i peculiari caratteri del processo penale del suo tempo, e
assumendo – giova segnalarlo – posizioni moderate su temi particolarmente delicati
quali la tortura, che deve essere delimitata e usata con moderazione, e il diritto di dife-
sa, che deve essere sempre garantito (anche se il riferimento è più all’autodifesa
dell’imputato che alla difesa tecnica in senso proprio).
In ordine all’accusatio, il giurista milanese osserva preliminarmente come secondo
tutti gli autori viga de iure il principio secondo il quale nessuno può essere condannato
senza un accusatore («secundum omnes, et de iure loquendo, haec est regula, quod ne-
mo sine accusatione damnatur»), e ne sottolinea la connessione con il conforme precet-
to evangelico (Giovanni, 8, 10-11). A questa risaputa e ormai un po’ stanca affermazio-
ne di scuola si oppone però la realtà dei tempi: quasi dappertutto, infatti, si dispone in
via statutaria o per consuetudine che anche senza l’accusa si possa comunque procedere
all’inquisizione («per statuta, et consuetudinem, quasi ubique est provisum, quod etiam
sine ea inquirendo possit procedi»). Ma non basta: Bossi rammenta che secondo la dot-
trina classica fra i requisiti anche formali necessari per procedere all’accusa era richie-
8 Gambiglioni è sempre stato accompagnato dalla fama, forse non del tutto immeritata, di giudice severo e
inflessibile.
9 Egidio Bossi (Milano 1488 ca. - ivi 1546), laureatosi a Pavia, compie un brillante cursus honorum
all’interno delle strutture giurisdizionali e amministrative dello Stato di Milano. Dopo avere retto la
podesteria di Alessandria (1513), nel 1514 è nominato avvocato fiscale a Milano. Nel 1518 è di nuovo
podestà, questa volta a Novara. Nel 1528 è elevato al rango senatorio, e nel 1536 è nominato decurione a
Milano. Nel 1537 è infine commissario ducale a Pavia. Con Francesco Grassi e Francesco Lampugnani
elabora il testo delle Novae Constitutiones Mediolani, promulgate da Carlo V nel 1541 e destinate a
rappresentare per due secoli e mezzo la più importante fonte normativa dello Stato di Milano.
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