Page 110 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale
tro arrestarsi di fronte alla tipologia delle forme di governo, che nell’Orazione rimane pur
sempre agganciata – almeno formalmente – alla tradizionale partizione aristotelica (me-
diata con ogni probabilità dall’insegnamento di uno dei maestri pisani di Cremani, Gio-
vanni Maria Lampredi).
Secondo tale impostazione, le tre forme fondamentali di governo non si risolvono –
come nel De l’Esprit des lois – nella democrazia, nella monarchia e nel dispotismo,
bensì – come da tradizione aristotelica – nella democrazia, nell’aristocrazia e nella mo-
narchia (cui corrispondono le tre forme patologiche della demagogia, dell’oligarchia e
della tirannide): da queste tre forme ‘pure’ deriva poi un’infinita possibilità di combi-
nazioni intermedie che danno vita a numerose forme ‘miste’.
Cremani dichiara di aderire a uno schema di base affatto simile, ma finisce poi per
concentrare tutta la propria attenzione – liquidata in poche parole l’aristocrazia – sui
sistemi penali delle repubbliche democratiche e della monarchie.
Pur prive di un’esplicita presa di posizione, le pagine dell’Orazione lasciano qui
trasparire la matrice ideologica e le opzioni politiche dell’autore. La repubblicana, in-
fatti, viene bensì trattata in modo scrupoloso e accurato come forma di governo nobile e
degna del massimo rispetto, ma appare come alternativa in concreto irrealizzabile, in
quanto fondata su equilibri sociali e politici troppo instabili. Al contrario, la forma mo-
narchica, nella specie dell’Assolutismo riformista e illuminato di matrice asburgica, si
rivela come una soddisfacente realtà, in grado di perseguire la comune felicità anche in
assenza di quella tensione ideale che nella repubblica risulta tanto indispensabile quan-
to problematica.
Se la monarchia illuminata si dimostra veicolo ideale per il conseguimento del be-
ne pubblico, se questo è il sistema politico nel quale lo stesso Cremani confessa di vive-
re felicemente, è allora giocoforza giungere alla conclusione che il modello accusatorio
puro non ha ragione di essere attuato proprio perché espressione di una forma di gover-
no – il «populare regimen» – che al momento non appare praticabile.
Partendo dunque da alcuni principi derivati dal De l’Esprit des lois, Cremani giun-
ge non tanto a un diretto rifiuto del processo accusatorio puro, quanto a una sua indiret-
ta neutralizzazione, giustificata a priori dalla scelta del sistema politico: l’accusa libera
e pubblica, adatta a un utopico regime repubblicano, risulta «perniciosa» o se non altro
«meno giusta» («minus recta») nella vigente monarchia, ove si deve necessariamente
convenire che in linea di principio «i processi devono essere avviati in base alle norme
di legge dai magistrati istituiti a tal fine dal sovrano» («iudicia iuxta legum praeceptum
a magistratibus instituenda esse ad id a Principe constitutis»).
10.8. Processo penale e libertà civile in Filippo Maria Renazzi
La precisa e articolata opinione espressa da Cremani nell’ambito della prolusione pave-
se del 1775 costituisce il primo punto di riferimento di un dibattito destinato ad arric-
chirsi in Italia – negli anni Settanta e Ottanta del Settecento – di nuove voci, a conferma
dell’attualità del problema discusso.
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