Page 69 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Seneca, Mecenate e il ‘ritratto in movimento’ 57
Publio Sulpicio Galo, che appare in un noto squarcio oratorio di Scipione Emiliano,
citato da Gell. 6,12,5 per mettere in luce l’effeminatezza delle grecizzanti tuniche dalle
lunghe maniche, dove, tra le altre notazioni critiche relative ad abbigliamento, toilette e
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abitudini, si evidenzia appunto l’atto del camminare: qui barba vulsa feminibusque
subvulsis ambulet. Se Cicerone offre, come è naturale, una ricca gamma di passi contro
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i suoi bersagli politici, tutti ben noti e tutti stigmatizzati a dovere, interessante mi
sembra soprattutto un passo del Bellum Iugurthinum 31, dove Sallustio attribuisce a una
prova oratoria di Memmio, che infiammava la plebe contro i nobili, efficaci parole tese
a visualizzare e a deplorare l’arrogante procedere nelle vie di Roma di individui, che si
erano macchiati di ogni tipo di malversazione e avevano acquisito cariche non meritandole:
neque eos qui ea fecere pudet aut paenitet, sed incedunt per ora vestra magnifici,
sacerdotia et consulatus, pars triumphos suos ostentantes; proinde quasi ea honori, non
praedae habeant.
Ma la necessità di sintesi mi spinge a citare i passi, a mio avviso, più incisivi, cioè
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quelli della poesia oraziana, dove gli esempi acquistano una pregnanza esemplarmente
memorabile e affidano al rapido guizzo del movimento di personaggi, che si agitano per
le vie di Roma, un giudizio morale perentorio, in quanto gravato di una condanna che
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l’evidenza fisica sembra rendere privo di sfaccettature.
Lo sguardo critico del poeta indaga e registra spietato ciò che egli osserva muovendosi
per le strade della sua città: basterà ricordare il tronfio arricchito del quarto epodo (v. 5 licet
superbus ambules pecunia) e la matrona carica di pesanti orpelli dell’ottavo (13-4 nec sit
marita quae rotundioribus / onusta bacis ambulet), nonché i due avvocati-faccendieri
Caprio e Sulcio della quarta satira, che con i loro dossier d’accusa percorrono minacciosi le
vie di Roma (1,4,66 ss. Sulcius acer / ambulat et Caprius, rauci male cumque libellis, /
magnus uterque timor latronibus).
Per la descrizione senecana di Mecenate risulta particolarmente utile il confronto
con il Maltino di serm. 1,2,25, il quale tunicis demissis ambulat, verso contiguo a un
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contesto satirico di vitia opposti citato dallo stesso Seneca nell’epist. 86,13: tanto si
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ORF 21,17 nam qui cotidie unguentatus adversum speculum ornetur, cuius supercilia radantur, qui barba
vulsa feminibusque subvulsis ambulet, qui in conviviis adulescentulus cum amatore cum chirodyta tunica
interior accubuerit, qui non modo vinosus, sed virosus quoque sit, eumne quisquam dubitet, quin idem fecerit,
quod cinaedi facere solent?
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Basterà ricordare che, al culmine del ‘ritratto in nero’ di Crisogono nella Pro Sexto Roscio Amerino 135,
come definitiva e finale stoccata si legge: ipse vero quem ad modum composito et dilibuto capillo passim per
forum volitet cum magna caterva togatorum videtis, iudices. Altrettanto significativo, ancorché esplicativo
delle motivazioni della scelta, Cic. Sest. 17 sed fuit profecto quaedam illa rei publicae fortuna fatalis, ut ille
caecus atque amens tribunus plebis nancisceretur – quid dicam? consules? […] quorum, per deos
immortalis, si nondum scelera vulneraque inusta rei publicae vultis recordari, vultum atque incessum animis
intuemini: facilius eorum facta occurrent mentibus vestris, si ora ipsa oculis proposueritis; 19 alter, o di
boni, quam taeter incedebat, quam truculentus, quam terribilis aspectu!
60 Mi sono soffermata più ampiamente su questi aspetti in uno studio di qualche anno fa, sottolineando
l’importanza del tema del ‘camminare’ nella città: vd. Degl’Innocenti Pierini (2005). Del resto un confronto da
questo punto di vista tra Orazio e Seneca avevo sviluppato anche in Degl’Innocenti Pierini (1990, p. 249 s.).
61 Sull’‘occhio satirico’ di Orazio mi sembra molto valida l’analisi di Cucchiarelli (2001, p. 121 ss.).
62 Vd. infatti Hor. serm. 1,2,25-28 Maltinus tunicis demissis ambulat, est qui / inguen ad obscaenum
subductis usque; facetus / pastillos Rufillus olet, Gargonius hircum: / nil medium est. Evidente l’influsso su
Seneca epist. 86,13 (svelato dall’uso ‘tecnico’ di describere, anche se Buccillus prende il posto di Rufillus):
descripturus infamem et nimiis notabilem deliciis Horatius Flaccus quid ait? Pastillos Buccillus olet. Dares