Page 64 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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52 Rita Degl’Innocenti Pierini

dell’autore stesso o del fruitore di letteratura, che denuncia nel modo più diretto e inequi-
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vocabile la deriva etica. Inoltre un altro elemento comune a Persio e a Seneca è l’utilizzo
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di un linguaggio critico, che implica una fisiopatologia del fenomeno letterario: un
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atteggiamento che Seneca aveva già fortemente richiamato nell’epistola 75,5-7, segnata
dal motto concordet sermo cum vita e non delectent verba nostra sed prosint, quando,
ironizzando con piglio fortemente polemico sull’importanza di trovarsi di fronte a un
medicus che sia anche disertus o a un gubernator che sia anche formosus, arriva ad
affermare con espressioni, che usano con tutta evidenza la retorica del corpo e che evocano
con indignazione quali reazioni fisiche debba provocare la letteratura ‘sana’: quid aures
meas scabis? quid oblectas? aliud agitur: urendus, secandus, abstinendus sum.
Sulla base di queste considerazioni, mi auguro non inutili, sui rapporti con Petronio e
Persio credo che tornando al testo di Seneca possiamo valutare meglio il disegno della
lettera 114, che non procede per argomentazioni serrate sul piano razionale, ma mira a
colpire più che a convincere chi legge, sfruttando potenzialità espressive che vengono a
Seneca, mi pare, non solo dalla trattatistica retorica, ma anche dalla tradizione letteraria e
dalle tecniche rappresentative dell’oratoria, del teatro e della satira. Simile processo di
elaborazione artistica di contenuti retorici, nel senso direi di deliberata e indifferenziata
contaminazione di piano storico-dimostrativo ed etico, si incontra, a mio parere, già in
Seneca padre, che proprio nella prima prefazione della sua opera rivolta ai figli, nel
trattare della corruzione dell’eloquenza affida al ritratto articolato, quasi indignato, della
gioventù contemporanea un messaggio, che mira appunto non a dimostrare sul piano
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razionale, ma a suscitare sdegno attraverso l’enfasi descrittiva e il taglio caricaturale.
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Seneca retore, nello stigmatizzare i contemporanei detentori dei vitia elocutionis,
applica a una trattazione tecnica della retorica, che dovrebbe presentarsi asettica, temi e
soprattutto modalità espressive connesse con la figura retorica dell’evidentia, ben
attestate nell’oratoria militante ciceroniana, quando si tratta di sfruttare ed enfatizzare a
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fini processuali determinate caratteristiche negative attribuite ai propri avversari.
Non sono comunque interessata a indagare il procedimento retorico e l’epistola 114
quasi esclusivamente sul piano socio-culturale in relazione alle abitudini sessuali, come

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Ricordo in particolare Pers. 1,97 quidnam igitur tenerum et laxa cervice legendum?, che implica una
degradata fruizione anche fisica della poesia sdolcinata e fatua: eccessivo mi sembra ricollegare proprio alla
poesia di Mecenate il discorso di Persio, che non lo nomina mai esplicitamente, come ipotizza Bartalucci
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(1979, p. 689 ss.). Osserva giustamente Bellandi (1996 , p. 40) che da parte di Persio «si insiste
sapientemente appunto su questo carattere di basso, prostitutorio molcimento sensuale». Utili osservazioni
anche in Bramble (1974, p. 23 ss.).
34 Per la connessione tra la poetica satirica e le ‘patologie’ accampate dai poeti per giustificare le loro scelte,
vd. Labate (1992, p. 55 ss.).
35 Cfr. Bellandi (1996 , p. 36.).
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36 Vd. Berti (2007, p. 212 ss.), che nota come le discussioni sulle cause della decadenza oratoria non cerchino
realmente delle motivazioni, ma si muovano all’interno di dialettiche di scuola.
37 Sen. contr. 1, praef. 8-9 torpent ecce ingenia desidiosae iuventutis nec in unius honestae rei labore
vigilatur; somnus languorque ac somno et languore turpior malarum rerum industria invasit animos:
cantandi saltandique obscena studia effeminatos tenent, [et] capillum frangere et ad muliebres blanditias
extenuare vocem, mollitia corporis certare cum feminis et inmundissimis se excolere munditiis nostrorum
adulescentium specimen est.
38 Osserviamo che Seneca retore non critica mai Mecenate.
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Corbeill (1996, p. 166 s.) cita Cic. Sest. 17; in Clod. 22.

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