Page 68 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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56 Rita Degl’Innocenti Pierini
appunto la iunctura senecana insignita verba, che, pur senza paralleli precisi, mostra un
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interessante impiego nella tradizione retorica: in un passo del Dialogus de oratoribus
(26,1) incontriamo un’immagine non dissimile dall’immaginario descrittivo di Seneca, e
che anzi da lui mi sembra forse dipendere, perché poco prima si menzionano con spregio i
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calamistri, i ‘riccioletti stilistici’, di Mecenate: il classicista Messalla sostiene
paradossalmente di preferire che orationem vel hirta toga induere quam fucatis et
meretriciis vestibus insignire, insistendo quindi sulla necessità di un virilis cultus.
Non è questa la sede per una trattazione completa ed esaustiva di tutte le varie e
possibili sfaccettature di questa tipologia di raffigurazione, ma mi piace almeno far notare
come a partire già dalla latinità arcaica quello che ho definito il ritratto in movimento
costituisca una realtà presente in vari generi letterari: la visualizzazione descrittiva, più
spesso critica e caricaturale, del personaggio si appoggia all’uso di verbi come ambulare o
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incedere, usati entrambi in contesti per lo più fungibili, seppure talvolta a incedere sia
attribuibile una valenza più solenne e studiata, e quindi anche si accompagni per questo a
raffigurazioni più basate sul grottesco o comunque enfatizzate, mentre ambulo si avvicini a
un registro più espressivo.
Nella commedia è possibile reperire una quantità notevole di passi in cui l’attitudine
del soggetto è resa evidente dall’osservazione nel suo muoversi per le vie della città: e non
sarà credo solo un caso che già in un frustulo comico di Livio Andronico (com. 3) si legga
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ornamento incedunt nobili ignobiles. Ma è Plauto a offrire esempi significativi, come è
naturale, di quest’ottica ‘di strada’, che implica ovviamente la vivacità della scena mimica:
ci basterà ricordare comunque fra tutti la vivace e memorabile scena dell’incontro-scontro
di Curculio 288 ss. con i Graeci palliati, che capite operto… ambulant, qui incedunt
suffarcinati cum libris, cum sportulis, che ribadisce ancora Plauto in seguito operto capitulo
calidum bibunt, tristes atque ebrioli incedunt, un passo che Giancarlo Mazzoli con il
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consueto intuito in una noticina del suo Seneca e la poesia aveva indicato come affine al
ritratto di Mecenate nell’epistola 114, pur negando prudentemente un influsso diretto.
Altrettanto importante, credo, la presenza di simili evocazioni in testi oratorii, a
partire da un frammento di Catone, dove si critica il comportamento di un avversario
accusandolo di otiosus ambulare (or. frg. 10,5), oppure ancora più incisivo il ritratto di
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Da segnalare per l’uso retorico anche Rhet. Her. 4,18; Sen. suas. 7,11. Credo inoltre che Seneca voglia qui
suggerire con insignire anche l’idea del marchio d’infamia del censore, dato che immagini non dissimili
leggiamo in passi di storici imperiali: vd. per es. Liv. 4,29,6; Tac. ann. 3,70,3.
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Tac. dial. 26,1 ceterum si omisso optimo illo et perfectissimo genere eloquentiae eligenda sit forma
dicendi, malim hercule C. Gracchi impetum aut L. Crassi maturitatem quam calamistros Maecenatis aut
tinnitus Gallionis: adeo melius est orationem vel hirta toga induere quam fucatis et meretriciis vestibus
insignire. Si veda infatti per questa tradizionale critica allo stile di Mecenate Svet. Aug. 86,2.
54 Sembra operare una differenza Seneca in nat. 7,31,2 levitate et politura corporum muliebres munditias
antecessimus, colores meretricios matronis quidem non induendos viri sumimus, tenero et molli ingressu
suspendimus gradum, (non ambulamus sed incedimus), exornamus anulis digitos, in omni articulo gemma. Il
tema era oggetto anche di una battuta di spirito di Cicerone secondo Macr. Sat. 2,3,16 reticente Avieno
Symmachus: Cicero, inquam, cum Piso gener eius mollius incederet, filia autem concitatius, ait filiae:
Ambula tamquam vir.
55 Vd. anche Naev. com. 59 tu nimis spisse atque tarde incedis.
56 Mi limito a citare Plaut. Cas. 768 lautus exornatusque (scil. ambulo); Poen. 522-523 liberos homines per
urbem modico magis par est gradu / ire, servile esse duco festinantem currere.
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Mazzoli (1970, p. 145 n. 85).