Page 73 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Seneca, Mecenate e il ‘ritratto in movimento’ 61

Infatti per arrivare a una conclusione, non possiamo non ricordare che proprio
nell’età neroniana troviamo esempi notevoli di questa tipologia umana di lontana
matrice mecenatiana: il Petronio descritto da Tacito in ann. 16,18 e anche il suo più
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noto personaggio letterario, Trimalchione, di cui non si può dimenticare la sua
apparizione mimica nella cena in veste di colore sgargiante (27), con la presenza vicino
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a lui di duo spadones; basterà ricordare poi il cap. 71 della Cena, dove il liberto, dopo
il notissimo avvio di discorso in cui si mette in parodia l’epistola senecana sugli
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schiavi, si abbandona a una minuziosa descrizione del suo faraonico sepolcro
commissionato ad Abinna con una serie infinita di futilità testamentarie, vergando
infine la sua epigrafe 71,12, nella quale spicca la presenza dell’agnomen di
Maecenatianus, che, non potendo indicare una reale dipendenza servile dal
personaggio, significherà una sorta di rapporto ideale. Nello stesso contesto è presente
infatti un’allusione molto raffinata alla sprezzatura di Mecenate per le cariche
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pubbliche (cum posset in omnibus decuriis Romae esse, tamen noluit), in contrasto
assoluto con la grossolana ostentazione pecuniaria del liberto (ex parvo crevit…
sestertium reliquit trecenties), il quale infatti in conclusione dell’epigrafe si vanta, e
non ci meravigliamo, di non aver mai seguito le lezioni di un filosofo (nec umquam
philosophum audivit). Forse si potrebbe andare anche oltre una figura letteraria come
Trimalchione e individuare nel paradossale ritratto del consigliere di Augusto
caratteristiche che lo accomunano addirittura a un imperatore come Nerone: la
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letteratura come gioco vizioso, le sortite notturne mascherato da schiavo, l’ostentata
bisessualità, la licentia morale che corrisponde a scelte letterarie di dubbio gusto sono
tutti aspetti della personalità neroniana presenti negli storici antichi e che trovano eco in
forma ovviamente generica e sfumata anche nell’epistolario senecano. Ma non voglio
procedere oltre: ci basterà concludere con le parole che il filosofo, con amara
disillusione, esprime in epist. 114,8 quando sposta la sua attenzione dall’archetipo
degradato e degradante dell’augusteo Mecenate alla realtà contemporanea, che lo


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Non mi soffermo a indagare i rapporti ‘letterari’ tra questi personaggi, perché negli ultimi anni questo tema
è stato molto studiato con risultati, che non posso discutere nei dettagli, ma che mi suscitano perplessità,
perché implicano un eccesso analitico di raffronti e delle conclusioni troppo perentorie di dipendenza
(Trimalchione sarebbe plasmato sul ritratto senecano di Mecenate e sulla figura di Mecenate stesso): mi
riferisco, dopo i brevi contributi di Baldwin (1984) e Petersmann (1998), in particolare a Byrne (1999; 2006;
2007). Vd. ora Labate (2012), che ridiscute con grande equilibrio tutta la questione.
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Quanto al comitatus, può essere interessante ricordare quanto leggiamo in Svet. Claud. 28 a proposito del
potente liberto Polibio: Polybium ab studiis, qui saepe inter duos consules ambulabat.
83 Cfr. Sullivan (1977, p. 129 ss.; un cenno non adeguatamente sviluppato su Mecenate a p. 132 s.).
84 Vd. La Penna (1978, p. 201).
85 Noti sono i passi degli storici che denunciano il comportamento dell’imperatore che non esita a ricorrere ai
travestimenti nelle sue uscite notturne: Tac. ann. 13,25,1 Q. Volusio P. Scipione consulibus otium foris, foeda
domi lascivia, qua Nero itinera urbis et lupanaria et deverticula veste servili in dissimulationem sui
compositus pererrabat, comitantibus qui raperent venditioni exposita et obviis vulnera inferrent, adversus
ignaros adeo ut ipse quoque exciperet ictus et ore praeferret; Svet Nero 26 post crepusculum statim adrepto
pilleo uel galero popinas inibat circumque vicos vagabatur ludibundus nec sine pernicie tamen, siquidem
redeuntis a cena verberare ac repugnantes vulnerare cloacisque demergere assuerat, tabernas etiam
effringere et expilare; Plin. nat. 13,126 (che parla di unguento spalmato sul viso per non farsi riconoscere)
Nero Caesar claritatem ei dedit initio imperi, nocturnis grassationibus converberata facie inlinens id cum
ture ceraque et secuto die contra famam cutem sinceram circumferens.


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