Page 66 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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54 Rita Degl’Innocenti Pierini

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oratione difflueret. Videbis itaque eloquentiam ebrii hominis involutam et errantem
et licentiae plenam.
Perfino la formula introduttiva di questo ‘ritratto in nero’ ne denuncia la pervasività
nociva, sottolineata com’è da un uso perentorio dell’aposiopesi, che non mi sembra
avere paralleli negli scritti del filosofo (quomodo Maecenas vixerit notius est quam ut
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narrari nunc debeat): Seneca sembra voler coinvolgere direttamente i suoi lettori,
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sollecitando quella che definirei l’etica della quotidianità ‘cittadina’, accreditando le
sue parole come un’incontrovertibile testimonianza del dilagare del modello
mecenatiano nella cultura e nella società contemporanea. A riprova di questa centralità
ricordiamo che la figura di Mecenate ritorna anche quasi in conclusione della lettera, al
§ 21, dove il filosofo, dopo aver trovato da eccepire anche su vitia stilistici di Sallustio
e Cicerone, non manca ancora di ricondurre l’osservazione, quasi l’assedio, del
malcostume letterario contemporaneo a chi come Mecenate non solo segue uno stile di
vita caratterizzato da vitia etici ed estetici, ma addirittura opera in modo da essere
sempre sotto gli occhi di tutti e sulla scena, pone la trasgressione al centro del proprio
modo di essere e di apparire, attraverso l’abbigliamento sfacciato ed effeminato, la cura
del corpo e la volontà di stupire a tutti i costi:
quod vides istos sequi qui aut vellunt barbam aut intervellunt, qui labra pressius
tondent et adradunt servata et summissa cetera parte, qui lacernas coloris inprobi
sumunt, qui perlucentem togam, qui nolunt facere quicquam quod hominum
oculis transire liceat: inritant illos et in se avertunt, volunt vel reprehendi dum
conspici. Talis est oratio Maecenatis omniumque aliorum qui non casu errant
sed scientes volentesque.

Prima di interrogarci sui motivi di questa scelta, molto discussa e dibattuta, mi sembra
opportuno soffermarmi sulla tecnica di raffigurazione posta in essere dal filosofo in



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La polemica senecana contro Mecenate sembra poi riproposta contro di lui da Quintiliano, quando
denuncia, con toni sapientemente chiaroscurali, la corruzione operata da Seneca sullo stile dei contemporanei:
inst. 10,1,129-131 multae in eo claraeque sententiae, multa etiam morum gratia legenda, sed in eloquendo
corrupta pleraque, atque eo perniciosissima quod abundant dulcibus vitiis. Velles eum suo ingenio dixisse,
alieno iudicio: nam si aliqua contempsisset, si †parum† non concupisset, si non omnia sua amasset, si rerum
pondera minutissimis sententiis non fregisset, consensu potius eruditorum quam puerorum amore
comprobaretur. Verum sic quoque iam robustis et severiore genere satis firmatis legendus, vel ideo quod
exercere potest utrimque iudicium. Multa enim, ut dixi, probanda in eo, multa etiam admiranda sunt, eligere
modo curae sit; quod utinam ipse fecisset: digna enim fuit illa natura quae meliora vellet; quod voluit effecit.
Si è soffermato brevemente sulla consonanza Gagliardi (1982); vd. anche l’ampia analisi di Dominik (1997,
p. 58 ss.) e lo studio di Calboli (1999, 25 ss.).
47 Può essere comunque significativo il confronto con epist. 122,14, dove Seneca stigmatizza la vita notturna
di Acilio Buta, che era esempio a tutti noto: nihil erat notius hac eius vita in contrarium circumacta.
L’avvicinamento tra il verbo narrare e notus sembra evocare il tono tipico della narrazione favolistica o
aneddotica: notus è frequente in Fedro per indicare il sicuro punto di riferimento etico di molte favole (si veda
per es. 5,5,7 scurra, notus urbano sale) e in Petronio, a proposito della matrona di Efeso, si legge (111,1)
matrona quaedam Ephesi tam notae erat pudicitiae, ut vicinarum quoque gentium feminas ad spectaculum
sui evocaret.
48 Analogo procedimento deduttivo si legge in Cic. Verr. 2,3,39 iudicium autem quod fuerit isto praetore, si
quae cohors et qui comitatus fuerit meministis, scire debetis.


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