Page 61 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Seneca, Mecenate e il ‘ritratto in movimento’ 49
vultus, da gesti in una parola ‘convenienti’, con un tono precettivo che sembra qui
denunciare una, seppur lontana, filiazione dalla teoria del prepon comportamentale
sviluppata da Cicerone nel De officiis.
Il rapporto tra animus e ingenium si deve commisurare nell’armonico interagire tra di
loro, per cui l’ispirazione letteraria viene qui a identificarsi con un ingenium definito siccum
ac sobrium: questa coppia di aggettivi, l’ultimo dei quali appare ben acclimatato, per
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esempio, nel linguaggio oraziano per suggerire l’ideale mediocritas del poeta, non evoca
certo una mera astrazione, ma ancora una volta rimanda alla fisicità e alla figura stessa dello
scrittore, che per Seneca non deve quindi essere come l’Ennio di Orazio epist. 1,19,17 s.,
che nisi potus ad arma prosiluit dicenda, e costituisce peraltro un’evidente anticipazione
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della successiva critica all’ebria elocutio di Mecenate.
Preme rilevare che, nel quadro descrittivo della presente decadenza dello stile e
dell’imperante cattivo gusto, comincia a farsi strada nell’epistola 114 un’immagine molto
viva e concreta del letterato contemporaneo, caratterizzato dalla piatta e irrazionale
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adesione a una lascivia adprobata e recepta, una deriva etica tanto più pericolosa quanto
appunto esaltata e approvata da tutti; gli indistinti confini tra letteratura e morale sono
sottolineati e resi, per così dire, pulsanti dall’uso da parte di Seneca di un linguaggio ora
non più improntato al tecnicismo critico-letterario, ma vivacizzato dall’irruzione di
un’espressività concreta, più vicina al sermo.
La coppia allitterante di aggettivi siccum ac sobrium, che configura l’ingenium, è
infatti particolarmente espressiva ed è usata in altri luoghi emblematici del filosofo: in
particolare merita ricordare l’epistola 18, caratterizzata non a caso dalla cornice temporale
saturnalicia nella quale ius luxuriae publice datum, dove l’individuo, che si vuole
distinguere per la temperantia, dovrà mantenersi appunto siccus ac sobrius nonostante
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l’ebrius ac vomitans populus. Nel De vita beata 12,3 la coppia di aggettivi è attribuita alla
voluptas epicurea, che, secondo Seneca, mantiene una sorta di austerità, nonostante che
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Cfr. per es. Hor. sat. 2,3,4-6 quid fiet? at ipsis / Saturnalibus huc fugisti sobrius. Credo che alla sfera
semantica rappresentata dal sobrium (vd. anche Sen. nat. 3,27,14, citato infra a n. 19) sia collegato anche
l’uso di inverecunde quando leggiamo quare aliqua aetas fuerit quae translationis iure uteretur inverecunde,
passo che, a mio parere, sembra risentire della posizione di grande equilibrio espressa da Cicerone in orat. 81
Ergo ille tenuis orator, modo sit elegans, nec in faciendis verbis erit audax et in transferendis verecundus et
parcus et in priscis in reliquisque ornamentis et verborum et sententiarum demissior; ea translatione fortasse
crebrior, qua frequentissime sermo omnis utitur non modo urbanorum, sed etiam rusticorum. Analoga
posizione leggiamo in de orat. 3,165 etenim verecunda debet esse translatio, ut deducta esse in alienum
locum, non inrupisse, atque ut precario, non vi, venisse videatur. Mi sembra rilevabile in Seneca anche una
patina espressiva non lontana da quella dell’ars poetica oraziana, in passi allusivi alla misura del prepon
come 49-51 et / fingere cinctutis non exaudita Cethegis, / continget dabiturque licentia sumpta pudenter,
oppure 69 s. si uolet usus, / quem penes arbitrium est et ius et norma loquendi.
19 Sulla perversione mecenatiana dell’ebrietas, cfr. Mantovanelli (2001, p. 72 ss.).
20 Mi sembra rilevante anche osservare come il tema della lascivia riguardi allo stesso tempo fenomeni etici e
stilistici: mi basterà ricordare quanto leggiamo in nat. 3,27,13 s. a proposito della descrizione ovidiana del
diluvio (su cui mi ero più ampiamente soffermata in Degl’Innocenti Pierini, [1990, p. 185 ss.]): sicut illud pro
magnitudine rei dixit: Omnia pontus erat, deerant quoque litora ponto, ni tantum impetum ingenii et materiae
ad pueriles ineptias reduxisset: Nat lupus inter oves, fulvos vehit unda leones. Non est res satis sobria
lascivire devorato orbe terrarum.
21 Hoc multo fortius est, ebrio ac vomitante populo siccum ac sobrium esse, illud temperantius, non
excerpere se nec insignire nec misceri omnibus et eadem sed non eodem modo facere; licet enim sine
luxuria agere festum diem.