Page 118 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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106 Eckard Lefèvre

nel De clementia, mostra l’evoluzione di un princeps dalla crudeltà alla clemenza.
Seneca dice espressamente che Augusto commise le azioni malvagie alla stessa età del
giovane Nerone (clem. 9,1); in adulescentia caluit, arsit ira, multa fecit, ad quae invitus
oculos retorquebat (clem. 11,1), ma poi trovò la strada per la mansuetudo e la
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clementia! Il parallelo con l’Hercules Furens è quasi perfetto. In entrambe le opere
parla il filosofo stoico.
Seneca avrebbe perseguito il duplice scopo di vincolare Nerone di fronte
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all’opinione pubblica e di difendere davanti ad essa la propria immagine. Egli non
vuole apparire come uno che collabora o addirittura approva tutto. Tacito riferisce che
Nerone propagandò la propria clementia in numerose orationes, quas Seneca
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testificando, quam honesta praeciperet, vel iactandi ingenii voce principis vulgabat.
Uno degli elementi utilizzati nella costruzione di questa strategia potrebbe essere
rappresentato anche dall’Hercules Furens.
I «sovrani adirati», irati reges, hanno «in der Unterwelt eine besondere Station,
Herc. 1137. Ganz ebenso lesen wir De clem. I 5,6: non decet regem saeva et
inexorabilis ira; der rechte König soll von sich sagen können: non ira me ad iniqua
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supplicia compulit (ibid. I 1,3)». Consisterebbe in questo, secondo Birt, l’esortazione
che Seneca rivolge a Nerone.
Teseo menziona ai vv. 750-759 sette esempi di punizioni infernali. Sarebbe
riduttivo pensare che egli porti questi esempi soltanto perché topici per una descrizione
degli inferi. È interessante notare come gli ultimi due esempi, le figlie di Cadmo e
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Fineo, rappresentino un «ampliamento non canonico». Già Megara considera le
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matres passas et ausas scelera tipiche per i Thebana regna (vv. 386-387). Se dietro la
figura di Ercole si deve riconoscere Nerone, si potrebbe allora supporre che dietro le
donne invasate (furentes), che non si ritraggono spaventate di fronte al delitto, siano da
riconoscere le imperatrici: Messalina e Agrippina non sono da meno di Agave, Ino e
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Autonoe. Quando poi viene menzionato Fineo, che rivelò troppo degli dei agli uomini,
Seneca potrebbe introdurre nel gioco se stesso, facendo riferimento alla sua rischiosa
impresa di fare da mediatore tra il dio Nerone e l’uomo comune. Se così fosse, gli
ultimi due esempi acquisterebbero una forza dirompente di incredibile attualità: un fatto
tutt’altro che insolito, se si considera che essi seguono immediatamente il passo sui
tiranni con il riferimento a Nerone.


beeinflussen, dann mußte er so tun, als ob er der offiziellen Version glaube, wonach Britannicus eines
natürlichen Todes gestorben war».
45 Cfr. Rose (1979-1980, p. 141): «Seneca hoped that Nero, too [scil. come Ercole], would learn to curb the
deplorable inclinations which his tutor chose to regard as youthful profligacy» (occorrenze alla n. 16).
46 Abel (1985, p. 729) dice a ragione che la «Absicht propagandistischer Beeinflussung» si dovrà tenere
d’occhio.
47 Ann. 13,11,2. Su questo Abel (1985, p. 729 n. 711), nota che il De clementia ispira «einen verwandten
Geist wie die Reden von 55, auf die Tacitus sich bezieht».
48 Birt (1911, p. 350).
49 Billerbeck (1999, p. 451).
50 Le sofferenze di Ino a causa di Era erano proverbiali (Billerbeck, 1999, p. 339), ma ella era stata anche
parte della morte di Penteo e perseguitava i suoi figliastri Frisso e Elle. È dunque una passa et ausa scelera.
Fitch (1987, p. 226) pensa accanto a Ino anche a Giocasta.
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Apoll. Rhod. 2,178-182. Qui non si alluderebbe dunque all’accecamento dei figli da parte sua o di sua moglie.

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