Page 101 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Troia senza futuro 89
sicurezza con cui il vecchio fa coraggio ad Andromaca, consolandola con l’argomento
che il dio, anche se volesse, non potrebbe trovare il modo di altre morti (et quas reperiet,
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ut velit, clades deus?, v. 429). Poiché tutto è già avvenuto, sin dall’inizio della tragedia,
sembrerebbe con ciò vi fosse un riparo da nuove sciagure, che, invece, a dispetto di ogni
logica, e contro ogni criterio di calcolo delle probabilità, non c’è.
Su questo piano pessimistico, il motivo suona forse sottinteso nella didascalica
conclusione del secondo coro, laddove, alla domanda sul luogo in cui si va dopo la
morte, si risponde che è lo stesso di chi non è mai nato (quo non nata iacent, v. 408).
A livello formale, l’espressione costituisce un’impennata durissima. Effettivamente
qui il coro parla un linguaggio che non dissimula il comportamento di un maestro di filo-
sofia, adottandone il tu didattico, rivolto all’auditor e facendo così emergere lo spessore
di uno sfondo, tracciato a metà strada tra Lucrezio e il Cicerone delle Tusculanae.
Sul piano del contenuto invece, tra l’essere e il non essere nell’oltretomba, si ac-
cenna a un altro aspetto del non essere, ovvero quello di non nascere affatto. Suggestio-
ne da tragedia: viene in mente Edipo, già condannato dal fato nella fase prenatale, e
perciò, nelle Phoenissae, ‘incerto se esistere’. Ma anche spunto da filosofia tragica del-
la storia, come insegnava quella vertiginosa espressione del sesto libro dell’Eneide in
cui Anchise, nel presentare a Enea i futuri discendenti romani ancora ‘non nati’ ma de-
stinati a venire alla luce delle magnifiche sorti e progressive della storia romana, si ar-
restava di fronte alle anime di Cesare e Pompeo, ‘dubitando’ della loro futura esistenza,
… si lumina vitae / attigerint (Aen. 6, 828 s.), un dubbio che si esercitava in fondo
sull’intera provvidenzialità della storia. Anchise (e con lui Virgilio) avrebbe preferito
una ‘non nascita’ degli artefici della guerra civile e lo fa capire.
Naturalmente nel nostro coro la questione è un’altra. Anche se non si può esclude-
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re l’affacciarsi di un immaginario che alla teoria del ‘meglio non nascere’ faceva affi-
damento per degli exempla mitici e storici, alla stessa maniera ma in direzione com-
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plementare, ad esempio, rispetto al tema della mors opportuna, ossessivamente pre-
sente nelle Troades.
Può essere a questo scopo interessante il riuso di alcuni passi della tragedia da
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parte di Lucano nel secondo libro della Pharsalia. Quando i fenomeni innaturali e la
rottura dei foedera rerum fanno presagire l’imminenza della guerra civile, le matrone
reagiscono con manifestazioni di lutto rituale: qui si innesta la memoria poetica, nella
‘ripetizione’ degli atteggiamenti del primo coro delle Troades, la cui influenza è stata
23 Cfr. Caviglia (1981, p.18).
24 Questa incrociava, com’è noto, un celebre punto di vista greco, vd. ad es. Theogn. 425 ss; Soph. O.C. 1224
ss; Eur. fr. 285,1 ss. K. = Bell. 1,1ss. J.-v.L. Un singolare luogo parallelo nell’Andromaca di Euripide, dove il
coro delle donne di Ftia esclama «O non essere nata vorrei o discendere da nobili padri» (766 ȿ ǖʍ ǍǏǗǙʐǖNjǗ
ȿ ǚNjǞʌǛǣǗ ȡǍNjǒ̅Ǘ ǏɑǑǗ…). La coincidenza è interessante, dal momento che Seneca inserisce nelle Troades
molti echi e suggestioni dell’Andromaca euripidea, tanto più per il rilievo della collocazione, all’inizio del
coro in Euripide, mentre alla fine in Seneca. Si sarebbe tentati di cogliere quindi un rapporto, anche se, come
al solito oppositivo, visto che la conclusione euripidea «il valore risplende anche dopo la morte» (775 s.) è
contraddetta dal nichilismo senecano.
25 Significativi cortocircuiti con gli esempi tradizionali (Priamo e Pompeo) e con la Cons. ad M. ho segnalato
in Petrone (2008, pp. 51-63).
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Non senza «evidentissime reminiscenze dell’Iliupersis virgiliana» cfr. Narducci (2002, p. 113).