Page 106 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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devastato. Ne viene proposta una visione rovesciata della patrilinearità, misurata sulla
sconfitta e sul destino di perdenti che si prosegue nella stirpe, riunificando il figlio al
padre ma solo nel segno di una fine totale. Così anche la storia della città, ‘colonna
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dell’Asia’, nella misura in cui Ettore ne era il ‘muro’, termina assolutamente, senza
che si possa coltivare alcuna attesa di ripristino dell’antica potenza. Troia non sarà rie-
dificata né avrà un futuro.
Quanto questi simboli, ancora più chiari nel segmento dell’episodio di Andromaca,
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siano ideologicamente anti-virgiliani è da ribadire con forte convinzione. Del resto,
affrontando un tema troiano, Seneca doveva rispondere, dichiarando la sua opinione, a
quell’intreccio tra mito troiano e storia romana, da subito coltivato dalla cultura latina,
ma reso ormai inscindibile e imperativo dall’assioma poetico della versione di Virgilio.
La negazione di un futuro dopo la morte, da parte del secondo coro, corrisponde, con
intonazione altamente poetica e generale, all’esito del dramma con l’implicito rifiuto ad
acquietarsi nel provvidenzialismo virgiliano.
Bibliografia
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Palumbo.
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Caviglia, Franco (1981), Lucio Anneo Seneca, Le Troiane. Intr., testo, trad. e note, Roma,
Edizioni dell’Ateneo.
34 Sulla ripresa dell’immagine omerica cfr. Conte (1988, p. 89), Leigh (1997, p. 186, n. 46). Un filtro
attraverso il quale sono probabilmente passate queste metafore è quello dell’antica tragedia di Ennio dedicata
ad Andromaca, nei cui frammenti si leggono descrizioni ‘architettoniche’ a rappresentare, letteralmente ma
anche simbolicamente, la grande ricchezza e prosperità della città. Nell’esasperazione con cui Seneca segue,
con la prospettiva dell’immanità delle macerie, questo filone, anche linguisticamente esaltato, si manifesta
una linea interpretativa omogenea intorno alla ‘caduta’ di Troia, intesa in primo luogo come crollo delle sue
mura e dei suoi alti edifici. Exaggeratis igitur regiis opibus, quae videbantur sempiternae fore… così
commenta Cicerone un verso enniano (Tusc. 3,19,45), cogliendo nell’elemento tradizionale dell’altezza delle
fortificazioni (exaggeratis) l’essenza del potere troiano.
35 Con molta efficacia, questa prossimità delle Troiane all’Eneide è adesso argomentata da Zissos (2008), che
parla di «un’assenza presente» nella tragedia di Enea.