Page 104 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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92 Gianna Petrone

preferita persino l’involucro troiano, in linea di principio restio a una nuova manipolazio-
ne, in quanto altamente canonizzato e perciò quasi immodificabile nei suoi tratti. Non
possiamo infatti non riconoscere lo schema compositivo caratteristico dell’articolazione
del maius malum nella comparsa spaventosa del morto eroe dell’Iliade, perché da que-
sta prendono le mosse i due efferati sacrifici, che si possono annoverare sotto l’etichetta
del cosiddetto ‘comparativo senecano’, elemento personalissimo della mano dell’autore
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e suo originale mezzo di rilettura delle trame tragiche ricevute. Questo fantasma male-
fico delle Troades è innegabilmente molto somigliante al Tantalo, evocato dalla Furia,
del prologo del Tieste e all’ombra di Tieste del prologo dell’Agamennone (e persino
alla Giunone infera del prologo dell’Hercules furens). Ne condivide la fondamentale
funzione di demiurgo antagonista, causa prima di crimini ripetitivi e ‘accrescitivi’, il
cui progetto è portato a termine per mezzo dei membri della famiglia. Lo spettro di A-
chille delle Troades risponde alla tradizione ma al contempo l’innova recando una fir-
ma senecana. È perfettamente integrato nel suo particolare contesto narrativo, in quanto
legittimato dal precedente dell’Ecuba euripidea, riattivato in tempi più vicini a Seneca
dall’episodio di Ecuba nelle Metamorfosi ovidiane, dove l’ombra pronunziava un rim-
provero ai Greci di smemoratezza nei suoi confronti (immemores… mei, met. 13,445),
da cui Seneca trae sicura ispirazione (excidit Achilles…, Tro. 204, è la ‘dimenticanza’
lamentata infatti da Pirro). Tuttavia questo fantasma di lungo corso letterario finisce
quindi per essere riscritto secondo un nuovo profilo, quello dei padri malvagi che da
morti impongono i loro voleri e danno ordini malefici ai figli. Achille si serve infatti
anch’egli del figlio Pirro, per ottenere i suoi nefasti scopi, non diversamente da come
Tantalo si pone nei confronti di Atreo o Tieste verso Egisto (generato, si dice nel prolo-
go dell’Agamennone, per la vendetta) o addirittura, con una variante al femminile e più
complessa, dalla Giunone matrigna, pronta, per rovinare Ercole, a utilizzare lo stesso
eroe, suo ‘figliastro’ che dovrà fare guerra a se stesso.
Ricaviamo quindi la convinzione, da questi legami analogici, che si impongono
anche a una osservazione superficiale, come il fantasma di Achille, morto che vive per
fare ancora del male e rebellare, rinnovare la guerra di Troia, non ha tanto a che fare
con una prospettiva escatologica quanto con una più laica sopravvivenza del passato.
L’ombra, ancora potente, inaugura una serie nel tempo lineare. Dove quel che è stato
non si cancella ma è ancora gravido di conseguenze dolorose. Nell’universo delle tra-
gedie senecane i morti trascinano i vivi a compiacerne le criminali aspettative e il male
compiuto non solo non passa mai ma può solo aumentare e moltiplicare la sua energia.
Completamente diverso, e in fondo complementare, il caso della comparsa in so-
gno di Ettore, carica, come si sa, di memorie virgiliane, appositamente sottolineate per-
ché se ne colga meglio l’opposto orientamento semantico. Se infatti l’aspetto pietoso e
perdente dell’eroe è un rifacimento del quam mutatus ab illo con cui l’Enea virgiliano
commentava la sua figura apparsagli in sogno, l’esito della visione onirica era opposto:
accogliendo l’esortazione di Ettore, teque his…eripe flammis, Enea ne riceveva anche i
sacri Penati, trovandosi investito della missione provvidenziale della rifondazione di
Troia. Mentre in Seneca l’ombra di Ettore rivolge ad Andromaca in sogno lo stesso in-

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Cfr. Seidensticker (1985).

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