Page 47 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Capitolo 4 – Pour pourvoir au bien de notre justice
nacciato dalla tortura, l’imputato conosce ben poco della sua situazione e si trova so-
stanzialmente nella impossibilità di costruire un decente impianto difensivo. La mac-
china inquisitoria si avvia ormai a raggiungere, in Francia, la perfezione tecnico forma-
le che caratterizzerà l’Ordonnance Criminelle del 1670, anche se non manca di suscita-
re – come vedremo – le prime voci di opposizione e le prime vivaci proteste da parte
degli spiriti culturalmente più aperti, che anticipano nelle loro opere taluni dei temi che
saranno ripresi con ben altra fortuna nel secolo dei Lumi.
Per il momento, Villers-Cotterêts pone un punto fermo nell’evoluzione della pro-
cedura penale in Francia: modifica in senso integrativo ma non abolisce le ordinanze
precedenti, e stabilisce una struttura processuale destinata non solo a rimanere sostan-
zialmente immutata per 130 anni ma addirittura a riflettersi su alcuni aspetti della codi-
ficazione della procedura penale. Sotto un diverso punto di vista, segna inoltre una
svolta importante nella storia delle istituzioni e della cultura non solo giuridica in quan-
to, facendo seguito a una ordonnance di Luigi XII del 1510, prescrive l’uso esclusivo
della lingua francese in luogo del latino tanto negli atti processuali quanto nella docu-
mentazione notarile (art. 111).
Con il 1539 le basi legislative del modulo inquisitorio sono in Francia ormai ben
assestate. È vero che gli interventi sovrani in tema di giustizia penale non mancano nel
periodo seguente e fino alla definitiva grande Ordonnance del 1670, ma si limitano a
ritocchi e confermano le linee già fissate a Blois e a Villers-Cotterêts. Esemplare al ri-
guardo è la sempre minore rilevanza riconosciuta all’iniziativa della parte privata:
l’Ordonnance di Orléans di Francesco II (gennaio 1560), l’Ordonnance di Château-
briant di Carlo IX (ottobre 1565) e la seconda Ordonnance di Blois di Enrico III (mag-
gio 1579) insistono in particolare sul principio dell’impulso ex officio, sancendo
l’obbligo per i procureurs du roy e per i giudici delle corti regie di promuovere e con-
durre comunque l’azione pubblica, anche in assenza di denuncia o di iniziativa della
partie civile.
Non pare superfluo rammentare come risulti paradossalmente legata agli stessi con-
tenuti dell’Ordonnance di Villers-Cotterêts la sorte del suo autore, il cancelliere Guil-
laume Poyet. Accusato di peculato, concussione ed abuso di potere, incarcerato e spo-
gliato di ogni carica, Poyet sperimenta infatti di persona la durezza della ‘sua’ legge e
della ‘sua’ procedura nel corso di un lungo processo, conclusosi nel 1545 con la con-
danna alla pesantissima pena pecuniaria di centomila livres.
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