Page 44 - Ettore Dezza, Lezioni di storia del processo penale, Pavia, Pavia University Press, 2013
P. 44
Ettore Dezza – Lezioni di storia del processo penale
interrogatorio sono comunicati ai procuratori regi (istituzione giudiziaria destinata a un
duraturo successo), affinché costoro possano formulare le richieste ritenute opportune
nell’interesse della giustizia e del sovrano («requérir por le bien de justice ou de nostre
interest») (art. 107). A questo punto la corte decide se procedere con il rito ordinario,
durante il quale le parti saranno udite in pubblico e in contraddittorio, ovvero con il rito
straordinario, i cui due caratteri fondamentali sono individuati nella segretezza e nel
ricorso alla tortura (torture, question) (art. 108).
La segretezza viene imposta in termini drastici per ogni stato e grado di tale proce-
dimento. L’imputato viene abbandonato a sé stesso e risulta privo di qualsiasi forma di
patrocinio: egli può essere ammesso a proporre le proprie difese ma non gode del diritto
a conoscere i capi d’imputazione (art. 111). Ciò che comunque più importa è che il pro-
cesso sia condotto con la massima segretezza possibile, in modo che nessuno possa co-
noscerne i contenuti: «ledit procès se fera le plus diligemment que faire se pourra, en
manière que aucun n’en soit averti» (artt. 110 e 111). L’Ordonnance di Blois opera
dunque una formale e definitiva ripulsa della pubblicità del procedimento. Da questo
momento, e fino alla Rivoluzione del 1789, il pubblico viene in buona sostanza espulso
dalle aule giudiziarie francesi.
Le modalità di applicazione della tortura sono fissare con cura e prevedono l’utilizzo
di un ulteriore elemento destinato a caratterizzare il rito inquisitorio, la scrittura. Il
ricorso alla tortura deve essere deliberato nel rispetto di precise forme («en la chambre
de conseil, ou autre lieu secret par gens notables et lettrez, non suspects ne favorables»)
(art. 112), mentre gli esiti dell’esame devono essere verbalizzati con estrema cura dal
cancelliere (greffier), che dovrà perfino indicare quante volte sia stato dato da bere
all’imputato (art. 113). Le confessioni sono considerate valide solo se ripetute di fronte
alla corte, senza costrizione e fuori dalla camera della tortura (art. 113). L’imputato che
ricusi di confessare o di confermare la confessione non può essere sottoposto
nuovamente a tortura se non in presenza di nuovi elementi indiziari (art. 114). Questa
meticolosa disciplina costituisce l’effetto di una reazione contro le pratiche abusive
diffusesi in Francia nel XV secolo, pratiche che, al di fuori di ogni controllo, vedevano
l’imputato recalcitrante sottoposto più volte di seguito alla tortura anche in assenza di
fatti nuovi che potessero in qualche modo giustificarla.
Degna di nota è infine la norma (art. 118) che stabilisce un collegamento tra il rito
ordinario e quello straordinario prescrivendo che, qualora il rito straordinario non abbia
condotto a conclusioni apprezzabili, sia possibile proseguire il processo secondo le
forme ordinarie. Si tratta peraltro di un’apertura che in realtà non avrà alcun concreto
seguito nella prassi dei tribunali. Analoga sorte spetterà alla previsione, ben presto co-
perta dal velo della desuetudine, secondo la quale la lettura della sentenza deve essere
fatta in pubblico e alla presenza dell’imputato (art. 116).
4.4. L’Ordonnance di Villers-Cotterêts (1539)
Quarant’anni dopo Blois, la disciplina inquisitoria dell’Ordonnance del 1498 è resa
ancor più severa da Francesco I con l’Ordonnance su le faict de la justice promulgata a
34