Page 13 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Introduzione XI
quella contemporanea. Nel paradigma delle scienze fisiche, il modello teorico ha
priorità metodologica sul dato osservato. Il modello teorico infatti è in grado di
comprendere anche il dato non ancora osservato in quanto identifica i limiti
(tecnologici, ambientali, sperimentali) superati o minimizzati i quali il dato cru-
ciale – fino a oggi solo postulato – può diventare anche visibile e quindi venire
osservato dagli strumenti. La ricerca sperimentale sul linguaggio non si limita a
studiare quello che i parlanti hanno detto e fatto con il linguaggio. Cerca di fare
ipotesi su quello che i parlanti sanno dire (anche se non lo dicono) e sanno fare
(anche se non lo fanno). Nella ricerca scientifica, ciò che è postulabile non corri-
sponde necessariamente a ciò che è attestato. In questo consiste il ‘carattere asto-
rico’ della ricerca sperimentale. Non c’è ricerca sperimentale dove la performan-
ce linguistica è l’unica variabile osservata e dove le ragioni di efficienza funzio-
nale della performance sono gli unici principi esplicativi a essere proposti.
3. D-Linguistics e metodo sperimentale
Sarebbe un errore etichettare come sperimentale o non-sperimentale un tipo di
ricerca basandosi solo sull’approccio teorico che la informa. Tuttavia è un dato
di fatto che gli approcci storico-tipologici allo studio del linguaggio – per le
ragioni spiegate sopra – sono per natura più inclini degli approcci universalisti a
dare più importanza al ‘principio di attestazione’ e ai costrutti teorici che ne
derivano. Evans, Levinson (2009) e Levinson, Evans (2010) – in due articoli
molto controversi e anche molto citati – distinguono gli approcci linguistici che
mettono la diversità al centro dell’agenda (tipologi, funzionalisti) dagli approcci
che vedono la diversità come un epifenomeno (la linguistica generativa). Gli
autori distinguono la natura dei principi esplicativi che vengono più spesso
invocati negli studi sperimentali utilizzati nei due approcci. Le spiegazioni
ultime invocate dai D-linguists (Diversity-linguists) alla fine vanno sempre
ricondotte al tipo statistico: «since the distribution of attested structural types
across the design space reflects the likehood of the evolutionary pathways that
would engender them, rather than specific constraints on the structure
themselves» (Levinson, Evans 2010, p. 2734). Secondo Levinson, Evans (2010),
poiché i metodi statistici più recenti e potenti (cui viene applicato il calcolo
probabilistico bayesiano) permettono di estrarre pattern linguistici da enormi
masse di dati, la diversità linguistica «must be taken at face value», cioè va
accettata così com’è. Gli unici principi astratti che possono essere postulati per
spiegarla sono quelli che riguardano le ipotesi sui valori culturali e sui vincoli
cognitivi che hanno plasmato e selezionato darwinianamente gli usi linguistici