Page 11 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Introduzione IX

zioni controfattuali, che deponevano tutte contro la comune esperienza (e le sue
attestazioni) e contro il senso comune (stratificazione di esperienze condivise).
Le condizioni sperimentali proposte da Galileo non erano vincolate allo spettro
del visibile contingente, ma erano determinate da inferenze che astraevano deci-
samente da ogni possibile osservazione del fenomeno in esame. Galileo non
spiega la caduta dei gravi in base all’osservazione di come i corpi cadono a terra.
Non dice «è così perché lo vedo», ma «in base ai miei calcoli, anche se non si
vede, ‘deve essere’ così (proprio il contrario di quello che si vede)».
L’importanza del fattore ‘visivo’ delle scoperte galileiane – rispetto al fatto-
re ‘calcolo astratto’ – è stato inoltre molto ridimensionato in anni recenti. Galileo
nel 1609 aveva messo a punto il cannocchiale col quale avrebbe compiuto le os-
servazioni che lo portarono alla scoperta dei satelliti di Giove e – nel 1611 – delle
macchie solari. Il cannocchiale di Galileo misurava circa 1 metro e 20 centimetri
ed era fatto di legno, carta e rame. Il migliore tra i cannocchiali da lui costruiti
consentiva meno di una ventina di ingrandimenti. Tutti i suoi cannocchiali pre-
sentavano tuttavia seri problemi di risoluzione in conseguenza della forte aber-
razione sferica e cromatica e visualizzavano un campo molto limitato. Tipica-
mente, il cannocchiale di Galileo poteva inquadrare solo una piccola porzione
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del corpo lunare. Non è un dato storico molto conosciuto il fatto che diversi altri
astronomi dell’epoca avevano imparato a usare il cannocchiale e facevano altret-
tante ‘osservazioni empiriche’ sui corpi celesti, alcune delle quali contraddiceva-
no quelle di Galileo. Galileo spesso non confutava la validità delle osservazioni
dei suoi colleghi, ma la loro incapacità di riconoscere le regolarità nelle osserva-
zioni discordanti e l’incapacità di organizzare razionalmente le divergenze nei
risultati che spesso si potevano dedurre da queste osservazioni. Il primato di
Galileo risiedeva nel suo metodo e nei suoi calcoli, non nella nitidezza delle im-
magini che vedeva con il suo cannocchiale. La lezione di Galilei risiede tuttora
nel metodo e nella capacità di interpretare il molteplice visibile (e spesso discor-
dante) alla luce del calcolo (geometrico e matematico). La spiegazione dei feno-
meni viene dalla teoria, non dai fenomeni. Principi astratti di questo genere gui-
dano anche la ricerca sperimentale sul linguaggio. Questi principi non sono vin-
colati al criterio di attestazione e di contingenza storica delle forme linguistiche.
Anche per il linguista sperimentale, il metodo e la teoria hanno il primato
sull’osservazione perché è la teoria che permette di ‘vedere veramente’ i dati,
non viceversa (si veda Paragrafo 2). Dunque il linguista sperimentale di tipo


4 Tutte le informazioni sono prese dal Museo Virtuale Galilei, sito web:
URL: , [ultimo accesso: 24/09/2013].
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