Page 10 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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VIII S. Rastelli

Diversamente da quanto sostiene Haspelmath, anche il linguista sperimentale si
chiede ‘perché’, pur non essendo uno storico né aspirando a diventarlo. Secondo
Haspelmath, il linguista che cerca spiegazioni deve essere uno storico perché le
spiegazioni dei fenomeni linguistici sono sempre vincolate alla storia contingen-
te, visibile e reale, dei fenomeni stessi. Quello che c’è adesso è spiegabile solo
alla luce del suo legame con quello che c’era prima al suo stesso posto, con la sua
stessa funzione (anche se magari con una forma differente). Le forme viventi
sono come sono oggi a causa del loro passato e in virtù delle forze esterne (cul-
turali, sociali, ambientali) che hanno plasmato il primato di un carattere eredita-
rio sopra altri caratteri. Il linguaggio è una forma vivente e come tale è vincolato
alla sua storia contingente. La storia linguistica è contingente perché l’accumulo
di forme e di funzioni linguistiche attestate storicamente si riflette o comunque
interagisce (in modi tutti da scoprire) con le forme e le funzioni attestate sincro-
nicamente. I principi del linguista non sperimentale – per quanto astratti – han-
no sempre effetti visibili, una realizzazione contingente in forme storicamente
attestate.
Il modo di agire scientifico di Galileo Galilei non è quello dello scienziato
evoluzionista (perlomeno, così come lo descrive Haspelmath). La scoperta del
principio del moto uniformemente accelerato è stata possibile perché Galileo: (a)
ha immaginato in modo ‘puramente teorico’ – cioè irrealizzabile in pratica – due
esperimenti le cui conclusioni (se gli esperimenti fossero stati possibili) avrebbe-
2
ro falsificato la teoria aristotelica secondo la quale la velocità di caduta è diret-
tamente proporzionale alla massa del corpo; (b) ha immaginato la condizione
3
impossibile (per l’epoca ) dell’assenza di aria e di attrito; (c) ha immaginato che
la caduta libera dei gravi fosse da considerare solamente il caso-limite del com-
portamento degli stessi gravi sul piano inclinato. Galileo ha immaginato condi-


2 In un corso di Fisica per i licei gli esperimenti ideali sono descritti così: «immagina di
far cadere due oggetti diversi dalla stessa altezza; secondo Aristotele, quando arrivano a
terra il più pesante ha una velocità vp maggiore della velocità vl di quello più leggero. Poi
immagina di legare i due oggetti insieme con una corda sottile. Puoi aspettarti che quello
più leggero e lento ostacoli il moto dell’altro e sia tirato da esso. Quindi la velocità
comune con cui i due arrivano a terra dovrebbe essere compresa tra vp e vl. Ma si può
ragionare in un altro modo: i due oggetti uniti formano un unico corpo, più pesante di
ciascuno dei due. Stando così le cose, la velocità comune con cui i due arrivano a terra
dovrebbe essere maggiore di vp. Due ragionamenti diversi ma corretti, entrambi basati
sulla teoria di Aristotele, portano a risultati incompatibili tra loro. Ciò è inaccettabile e
quindi dobbiamo ammettere che l’idea di partenza è sbagliata». (U. Amaldi, L’Amaldi 2.0,
[online], URL: , [ultimo accesso: 24/09/2013]).
3 Verificata da Robert Boyle solo dopo la metà del ’600.
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