Page 12 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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X S. Rastelli
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galileiano volentieri continua a confondere il ‘perché’ con il ‘come’, cioè conti-
nua a rimanere prudentemente agnostico sul fatto che la ragion d’essere delle
lingue sia da ricercare solo nei dati visibili attestati (o ricostruiti), cioè nella loro
storia.
2. La natura delle ipotesi sperimentali sul linguaggio
La differenza tra ricerca sperimentale e non sperimentale non riguarda la natura
dei dati. Qualche volta si sente dire che una o l’altra disciplina fa uso o non fa
uso di ‘dati empirici’. Come è facile dimostrare leggendo i contributi presenti in
questo volume, tutti gli studi sperimentali – come gli studi non sperimentali –
utilizzano dati ‘empirici’, cioè dati che sono ricavati dall’esperienza del linguag-
gio. La differenza tra ricerca sperimentale e non sperimentale sul linguaggio non
riguarda nemmeno l’uso delle tecnologie, di database e di corpora (si veda Para-
grafo 3). Moltissimi ricercatori – a prescindere dall’orientamento teorico – ora-
mai nei loro studi sul linguaggio usano tecnologie ingegneristiche e medicali,
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tecniche statistiche e corpora di riferimento. Ciò che fa la differenza tra ricerca
sperimentale e ricerca non sperimentale sul linguaggio è la natura delle ipotesi.
Per il linguista sperimentale, il dato inesistente, il dato non attestato, la non-
occorrenza non corrisponde a un punto di arresto e al declino fallimentare
dell’ipotesi formulata. La teoria può sopportare e addirittura prevedere
l’esistenza di un dato che non si vede, che non ricorre. La ricerca sperimentale si
differenzia da altri tipi di ricerca sul linguaggio perché le sue ipotesi incorpora-
no principi astratti non necessariamente basati su dati contestualmente osserva-
bili o storicamente attestati. In questo preciso carattere, la ricerca sperimentale
sul linguaggio si avvicina – per esempio – alla ricerca nella fisica moderna e a
5 L’autobiografia dell’astrofisica Margherita Hack – scomparsa di recente – si intitola Il
perché non lo so (Milano, Sperling & Kupfer, 2013).
6 La descrizione che Levinson e Evans (2010, pp. 2746-2747) fanno delle metodologie
utilizzate dai linguisti generativisti è caricaturale e gravemente male informata. Secondo
questi autori, la ricerca linguistica in campo generativista si limita a utilizzare come dati le
intuizioni dei parlanti e al massimo i giudizi di accettabilità. Levinson e Evans non hanno
mai preso in mano e sfogliato riviste come per esempio «Cortex», «Nature Neuroscience»,
«Neuroimage», «Second Language Research», «Language Acquisition». Non c’è numero
di queste riviste che non contenga almeno uno studio in cui ipotesi direttamente o
indirettamente riconducibili alle idee generali della Grammatica Universale non vengano
testate nei loro correlati neuroanatomici e neurofunzionali e anche nelle loro basi
comportamentali e performance-driven mediante costruzione o consultazione dei corpora di
riferimento.