Page 58 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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46 Rita Degl’Innocenti Pierini
114,1 quare quibusdam temporibus provenerit corrupti generis oratio quaeris et
quomodo in quaedam vitia inclinatio ingeniorum facta sit, ut aliquando inflata
explicatio vigeret, aliquando infracta et in morem cantici ducta; quare alias sensus
audaces et fidem egressi placuerint, alias abruptae sententiae et suspiciosae, in
quibus plus intellegendum esset quam audiendum; quare aliqua aetas fuerit quae
translationis iure uteretur inverecunde. Hoc quod audire vulgo soles, quod apud
Graecos in proverbium cessit: talis hominibus fuit oratio qualis vita.
Esordisce il filosofo entrando immediatamente nel cuore della questione e l’epistola
114 si presenta come una risposta apparentemente meditata e pacata al rituale quaeris
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dell’allievo Lucilio: un incipit come quare quibusdam temporibus provenerit corrupti
generis oratio quaeris et quomodo in quaedam vitia inclinatio ingeniorum facta sit
sembra mettere da subito in rilievo la stretta correlazione tra la corrupta oratio e
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l’ingeniorum inclinatio: un bilanciamento continuo che nel primo periodo trova la più
compiuta formulazione nella notissima sententia proverbiale, che lo conclude icastica-
mente, talis hominibus fuit oratio qualis vita, un motto che informa di sé non solo il
messaggio scopertamente didascalico della lettera, ma che costituisce anche il segnale
più tangibile di quella solidità e compattezza della virtus, che si configura come caratte-
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ristica costante del rigorismo stoico senecano. Ci si aspetterebbe comunque, dato
l’avvio in sordina e il dimesso tono da routine ‘scolastica’, una seppur sintetica tratta-
zione dei motivi della decadenza, un’equilibrata, anche se minima, rassegna di possibi-
lità interpretative, come per esempio almeno tentava di abbozzare già il padre nella pre-
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fazione della sua opera retorica rivolta ai figli (contr. 1, praef. 7). Infatti, se apparen-
temente asettica si presenta l’iniziale formulazione del filosofo, le frasi immediatamen-
te seguenti ci mettono invece davanti alla realtà di un Seneca agguerrito nell’uso spre-
giudicato e abile di quella terminologia retorica, che andava denigrando costantemente
nella sua predicazione filosofica, unendo qui nella stessa polemica sia lo stile pomposo
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Non so se sia stata notata l’analogia con la movenza incipitaria del Dialogus de oratoribus, dove è presente
anche analoga metafora tratta dalla vegetazione (Sen. provenerit, Tac. floruerint): saepe ex me requiris, Iuste
Fabi, cur, cum priora saecula tot eminentium oratorum ingeniis gloriaque floruerint, nostra potissimum
aetas deserta et laude eloquentiae orbata vix nomen ipsum oratoris retineat; neque enim ita appellamus nisi
antiquos, horum autem temporum diserti causidici et advocati et patroni et quidvis potius quam oratores
vocantur.
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Vd. Mantovanelli (2001, p. 77 n. 86). Ricordo anche la ripresa più espressiva dell’immagine al § 22 riferita
all’ebrietas e all’oratio: quomodo in vino non ante lingua titubat quam mens cessit oneri et inclinata vel
prodita est, ita ista orationis quid aliud quam ebrietas nulli molesta est nisi animus labat.
4 Si veda in particolare Setaioli (2000, p. 165 ss.); cfr. anche Mazzoli (2005, p. 125 s.). Certo è che Seneca
non specifica a quale preciso ambito letterario si riferisca, ma, dato che anche di Mecenate cita da opere in
prosa, sembra di poter dedurre che il suo focus polemico si concentri soprattutto sulla prosa oratoria (vd.
Möller, 2004, p. 173) o meglio ancora filosofica come intende Setaioli (2000, p. 170 ss.). Dal motto senecano
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inizia non casualmente la fondamentale disamina di Traina (1987 , p. 9 ss.); oltre al volume di Möller (2004),
che non tiene conto degli studi di Setaioli (2000), vd. anche Laudizi (2004); utili confronti sul tema erano già
in Cucchiarelli (2001, pp. 57; 200-202). Discute un problema testuale relativo al § 2 Moretti (1997, p. 55 ss.).
5 Cfr. Sen. contr. 1, praef. 7 omnia ingenia, quae lucem studiis nostris attulerunt, tunc nata sunt. in deterius
deinde cotidie data res est sive luxu temporum‚ nihil enim tam mortiferum ingeniis quam luxuria est‚ sive,
cum pretium pulcherrimae rei cecidisset, translatum est omne certamen ad turpia multo honore quaestuque
vigentia, sive fato quodam, cuius maligna perpetuaque in rebus omnibus lex est, ut ad summum perducta
rursus ad infimum velocius quidem quam ascenderant relabantur. Sul passo, cfr. Berti (2007, p. 212 ss.) e
Danesi Marioni (2008).