Page 125 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Il significato politico dell’Hercules Furens e dell’Hercules Oetaeus di Seneca 113

monodia. La bellezza di Iole aveva affascinato Ercole; e poiché suo padre Eurito
l’aveva negata all’eroe, questo aveva messo a ferro e fuoco la città (vv. 219-223):

pro saeve decor
formaque mortem paritura mihi, 220
tibi cuncta domus concidit uni,
dum me genitor negat Alcidae
atque Herculeus socer esse timet.

Ma perché Eurito temeva di divenire suocero di Ercole? Perché non doveva sentirsi ono-
rato di accogliere come genero un eroe così famoso? Alla domanda poteva rispondere da
sé ogni ascoltatore in virtù delle informazioni finora ricevute.
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Iole è, da un punto di vista letterario, una figura rara. Perché qui è introdotto come
un personaggio individuale? La risposta è semplice: come Cassandra nell’Agamemnon,
Iole è il lamento personificato contro la hybris del vincitore; come Cassandra, Iole guida
il coro delle donne prigioniere. È chiaro quale funzione unitaria abbiano le prime tre
scene dell’Oetaeus: Ercole stesso e le sue vittime presentano l’hybristes, il tracotante.




2.5. Ercole non è Seneca
Dall’esame di questa parte iniziale della tragedia si può giungere già a una prima
conclusione: sarebbe errato vedere nella figura di Ercole un ritratto di Seneca, «eine
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mythologisch dramatisierte Selbstdarstellung Senecas». Ne consegue che sarebbe
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errato vedere dietro la figura di Alcmena quella di Elvia.


2.6. Ercole è Nerone
Daniel Heinsius ha posto in rilievo la differenza tra l’Ercole furioso dell’Oetaeus e
l’Ercole misurato delle Trachinie di Sofocle.

Apud Graecum, semel in dolore Herculi tribuitur rhesis prolixa: cujus divinitas
omnem Poëticum conatum excedit. Idque non nisi in fine. Hic Jovis ille filius,
membra dum dilaniat sua, trecentos & amplius versus declamat. Et in occupatione
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tam molesta, multa dicit, quae vix otiosus declamator in schola effunderet.


75 «In contrasto con Sofocle (e soprattutto, con tutta quanta la tradizione, anche posteriore) è la figura di Iole.
La prigioniera non aveva mai avuto un suo spazio, non aveva mai parlato: era considerata semplicemente
l’amante di Ercole» (Marcucci 1997, p. 114).
76 Così Rozelaar (1985, p. 1394-1402), che menziona come predecessori in questa opinione Münscher (1922,
p. 119) e Thomann (1961, p. 21-22).
77 Così Rozelaar (1985, pp. 91-94). Anche Romano, che data l’Oetaeus al tempo dell’esilio in Corsica,
propone queste due identificazioni (senza la conoscenza di Rozelaar): «il rapporto Ercole-Alcmena nella
tragedia non è che la proiezione del rapporto Seneca-Elvia», Romano (1991) p. 1145.
78
Schröder (1728, p. 616). Anche nel seguito si intende Daniel Heinsius.

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