Page 14 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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2 Aldo Setaioli

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servare nella sua opera. Come vedremo, queste ultime servono spesso al suo fine etico
e in questa maniera vengono riassorbite nella visione fondamentalmente stoica del no-
stro filosofo.
Il primo passo di questo processo terapeutico deve naturalmente essere di carattere
negativo. Nella prospettiva senecana il medico dell’anima deve prima di tutto rimuove-
re gli atteggiamenti che ostacolano la sua azione terapeutica e gli impediscono di libe-
rare le anime dalle ‘malattie’ che le affliggono. Solo dopo questa ‘conversione’ è possi-
bile attuare il programma senecano di miglioramento positivo.
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La metafora medica è diffusissima in tutta la filosofia antica e in Seneca è
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addirittura pervasiva. Mireille Armisen-Marchetti conta fino a 248 tra metafore e
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comparazioni equiparanti la filosofia alla medicina. Pertanto il filosofo è visto in
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primo luogo come medico delle anime, e le malattie che vanno sanate sono le passioni,
in greco pathƝ. Cicerone preferisce rendere pathos con perturbatio piuttosto che con
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morbus, sebbene ritenga quest’ultima resa più letterale; impiega però il termine
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medico aegritudo. Seneca distingue tra adfectus e morbus, e sebbene impieghi
comunemente il primo termine nel senso del greco pathos, spesso ricorre all’immagine
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della malattia per descrivere la condizione dell’anima in preda alle passioni.
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Secondo gli Stoici la passione ha la sua origine in un giudizio errato, ma non si
tratta di un errore esclusivamente teorico; in quanto hormƝ pleonazousa, impulso ecces-
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sivo, essa è fortemente dinamica: è una pulsione violenta insensibile alla ragione. Se-
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neca accoglie in pieno questa concezione. Ne risultano due importanti conseguenze:
1) il primo stadio della terapia non potrà far ricorso ad argomenti totalmente razionali,
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che non avrebbero alcun effetto sull’anima in preda alla passione; e 2) in questo stadio
il medico dell’anima dovrà far ricorso a un approccio aggressivo, se vuole che la tera-
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pia rivolta a coloro che sono soggetti alla violenza della passione sia efficace. Il
‘medico’ di Seneca deve essere pronto a tagliare e cauterizzare, non limitarsi a cure

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Cfr. per es. Setaioli (2000, p. 150 n. 205).
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Cfr. Nussbaum (1994, p. 6 e passim).
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Cfr. Steyns (1906, pp. 51-70); Smith (1910, pp. 39-46); Armisen-Marchetti (1989, pp. 132-138; 317); Ficca
(2001, pp. 165-169).
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Armisen-Marchetti (1989, p. 347).
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Lo stesso è vero anche per Epitteto e Marco Aurelio, sebbene entrambi procedano in maniera personale. Cfr.
Cooper (2006, p. 45).
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Cic. Tusc. 3,7 ego poteram ‘morbos’, et id verbum esset e verbo, sed in consuetudinem nostram non
caderet; 4,10 quae Graeci ǚʊǒǑ vocant, nobis perturbationes appellari magis placet quam morbos; fin. 3,35
perturbationes animorum… quas Graeci ǚʊǒǑ appellant – poteram ego verbum ipsum interpretans ‘morbos’
appellare, sed non conveniet ad omnia.
11 Per es. Cic. Tusc. 3,23.
12 Epist. 75,11; 83,10. Vd. Pittet (1937, p. 75).
13 Cfr. Borgo (1998), pp. 13-16: adfectus; pp. 19-20: aegritudo; pp. 22-23: aegroto; pp. 134-136: morbus.
14 Cfr. per es. SVF I 202; III 384; 456; 459; 461.
15 Cfr. per es. SVF I 205; III 377; 378; 385; 412; 462; 479. Per la passione come qualcosa di ȡǚǏǓǒʋǜ ǕʒǍ̃ cfr.
anche SVF III 389; 394; 476.
16 Per es. epist. 85,6 si das aliquos adfectus sapienti, impar erit illis ratio et velut torrente quodam auferetur;
85,8 quantuscumque est (adfectus), parere nescit, consilium non accipit. Per quest’aspetto cfr. Wacht (1998,
pp. 515-516; 521-522).
17 Cfr. specialmente SVF III 389.
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Cfr. Husner (1924, pp. 8-9).

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