Page 111 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Il significato politico dell’Hercules Furens e dell’Hercules Oetaeus di Seneca 99

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Giunone. In queste interpretazioni la figura positiva di Ercole presuppone la figura
negativa di Giunone. È chiaro che sia Ercole sia Giunone sono visti in maniera errata.
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Zwierlein individua un parallelo nel dialogo senecano De providentia, in cui una delle
spiegazioni al perché accadano vari incommoda ai boni viri, è la seguente: ut alios pati
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doceant; nati sunt in exemplar. Ercole non è un exemplar. Tuttavia è vero piuttosto il
contrario: il confronto fra la tragedia e lo scritto filosofico mostra la grande distanza fra
le due opere. Nel De providentia Seneca sostiene che il bonus vir accetta con gioia i
mala, poiché questi gli permettono di dimostrare la sua virtù. Il deus è un dio benevolo,
che personifica la provvidenza, la ǚǛǦǗǙǓNj / providentia. Una interpretazione negativa
di Giunone non è conciliabile con il deus del De providentia, il quale garantisce un
sensato ordine del mondo.
Mi accingo ora a trattare brevemente quattro famose parti della tragedia, per cerca-
re di comprendere meglio la figura di Ercole: il prologo di Giunone (vv. 1-124), il pri-
mo coro (vv. 125-204), il monologo dell’entrata in scena di Ercole (vv. 592-617), il
terzo coro (vv. 830-890).




1.2. Il prologo di Giunone (vv. 1-124)
Giunone espone ampiamente nel prologo i suoi rapporti con Ercole. Sulla base del fatto
che è stata la dea a ordinare i labores di Ercole, si è supposto erroneamente che egli
giunga alla rovina immeritatamente. Ma nel discorso di Giunone si dice chiaramente che
Ercole è gonfio di superbia; questa si manifesta in misura eccessiva quando, durante il
viaggio nell’Ade, egli va ben oltre il suo compito: infatti Ercole non si accontenta del
semplice ritorno (parum est reverti, v. 49), ma mostra con ostentazione (iactantem, v. 51)
a Giove la sua preda. Giunone teme che egli possa trascinare in catene alla luce del
giorno lo stesso dio degli inferi (vv. 52-53), e che ci sia addirittura da avere paura per il
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cielo (caelo timendum est, v. 64); definisce Ercole violento (superbifica manu, v. 58) e
gonfio di superbia (tumet, v. 68) e ha paura che egli voglia regnare in un mondo in cui
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non ha rivali: vacuo volet / regnare mundo (vv. 67-68). Che questo ritratto di Ercole
non sia deformato dalla dea, ma corrisponda a verità, appare sia dalle parole di Giunone
vidi ipsa, vidi (v. 50), che presentano certamente un fatto oggettivo, sia ancor più


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Egli vede il tragico dell’Hercules Furens nel fatto «daß der Held, der alle ihm auferlegten labores zum Heil
und Frieden der Welt, ja selbst den Kampf mit Tod und Unterwelt siegreich bestanden hat, auf dem
Höhepunkt seines Triumphes sich selbst zu Fall bringt, indem er im unverschuldeten, von der rachsüchtigen
Göttin geschickten Wahn seine eigenen Kinder und seine Frau vernichtet» (1984, p. 28).
10 Zwierlein (1984, p. 28).
11 Prov. 6,3.
12 «Nicht übersehen werden sollte auch, daß Juno an den Heraklestaten mehrfach den Aspekt hervorhebt, hier
werde eine naturgesetzte Ordnung der Welt zerstört: Sen. 49 foedus umbrarum perit; die Geheimnisse des
Todes liegen offen da (Sen. 56), und beim Anblick des Kerberos wankt der Tag und die Sonne erzittert (Sen.
60). Dies sind nicht nur stilistische Überhöhungen eines Dichters der silbernen Latinität; es fällt dadurch zu-
gleich ein Licht auf Herakles, dessen Größe alle Ordnung der Götter und des Alls ins Wanken bringt»
(Zintzen, 1972, p. 160).
13 Cfr. Zintzen (1972, pp. 158-159): «mit Gewalt wird er seinen Weg zu den Göttern suchen (Sen. 67), nicht
in einer Wahnsinnstat, sondern im vollen Bewußtsein und in hybrishaftem Stolz auf seine Kraft (Sen. 68ff.)».


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