Page 88 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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70 Z. Cattaneo, J.T. Devlin, C. Lega, T. Vecchi

Quindi, il primo problema da un punto di vista pratico consiste proprio
nell’individuare un’area target; il posizionamento del coil può essere fatto sulla
base di criteri funzionali, anatomici o euristici. La localizzazione funzionale
prevede di spostare il coil in vari punti all’interno di un’area predefinita fino a
quando non si trova un effetto: ad esempio, la corteccia motoria e visiva
primaria possono essere localizzate cercando la posizione del coil ottimale per
produrre rispettivamente l’attivazione dei muscoli della mano controlaterale
(Rossini et al. 1994) o la visione di fosfeni (i.e., ‘qualia’ visivi/flashes di luce che si
percepiscono generalmente a occhi chiusi quando viene stimolata la corteccia
visiva) (Ro et al. 2003; Ro et al. 2004; Boyer et al. 2005). Una volta osservato
l’effetto della TMS, il sito viene segnato e usato per i test successivi (Guogh et al.
2005). Alternativamente la localizzazione anatomica si basa sull’utilizzo di
immagini strutturali ad alta risoluzione (risonanze magnetiche anatomiche), il
posizionamento del coil avviene quindi basandosi sull’anatomia corticale di
ciascun soggetto. Infine, si può adottare un approccio di tipo euristico: in questo
caso è possibile utilizzare un set di coordinate standardizzate, ovvero il sistema
Internazionale 10-20, comunemente utilizzato per il posizionamento degli
elettrodi negli studi ERP (Drager et al. 2004). In alternativa la localizzazione si può
eseguire riferendosi a punti craniometrici standard, come il vertex (i.e., il centro
della testa), l’inion (i.e., la protuberanza occipitale esterna che si percepisce
toccando la parte posteriore della testa) o il nasion (i.e., il punto centrale sopra il
naso) (Stewart et al. 2001b).
Il secondo problema riguarda l’individuare il momento giusto per la
stimolazione. Quando si è certi che un’area intervenga in un determinato
compito in un momento preciso (per es. 100 millisecondi dopo la comparsa di
uno stimolo), allora è possibile erogare un impulso singolo di TMS esattamente
nel momento critico. Tuttavia, se non si hanno – come spesso succede – ipotesi
temporali precise rispetto a quando un’area è coinvolta in un certo compito, un
approccio possibile è quello di utilizzare un singolo impulso a diversi intervalli
di tempo, per vedere quale è la finestra temporale più efficace nel portare a una
modifica del comportamento, oppure di utilizzare la TMS ripetitiva (rTMS), che
consiste nell’applicazione di un sequenza di impulsi di breve durata che
consentono di ‘coprire’ un intervallo temporale più lungo e quindi aumentano la
probabilità di interferire con quell’area nel momento in cui essa diventa
importante per il compito. Molto spesso, per indagare la causalità e il timing di
un’area, inizialmente si stabilisce se una certa area è necessaria all’esecuzione di
un compito mediante rTMS (larga finestra temporale), e poi si esegue uno studio
di cronometria mediante impulso singolo per stabilire in quale intervallo
temporale tale area è necessaria. Quando la stimolazione viene data, come nei



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