Page 137 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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Lo studio del linguaggio con la risonanza magnetica funzionale 119

particolare può presentare delle difficoltà, in quanto filtraggio eccessivo può
fondere i dati di diverse regioni funzionali e così risultare in inesattezze.
Per gli studi sul linguaggio, questo può comportare dei problemi in zone
come, per esempio, il piano sopratemporale, in cui alcune aree poco estese e
adiacenti svolgono funzioni molto diverse (uditive primarie e di associazione).
Al livello dell’analisi di gruppo, si possono creare inesattezze anche durante
l’allineamento dei dati dei singoli partecipanti a uno spazio anatomico comune. I
metodi più diffusi per quest’allineamento non sono infatti molto precisi e
allineamenti imperfetti possono risultare in uno scarso differenziamento fra
regioni poco estese e adiacenti. Recentemente si stanno sviluppando metodi più
accurati sia di allineamento che di smoothing per questi casi (per esempio,
Tahmasebi et al. 2009). Per ovviare a questi problemi nello studio del linguaggio
è stato anche suggerito di far uso di ROI funzionali al livello del singolo
partecipante (Fedorenko et al. 2010).
È possibile evitare questi problemi anche spostando l’analisi dal dominio
tridimensionale a quello bidimensionale, proiettando l’attività BOLD sulla sola
superficie corticale. Ciò permette una più accurata distribuzione dell’attività
nelle zone corticali, ma comporta una perdita d’informazione riguardo
all’attività subcorticale.
Per lo studio del linguaggio, tuttavia, le analisi nel dominio bidimensionale
sono vantaggiose in quanto la maggior parte delle regioni associate con
l’elaborazione semantica o sintattica di alto livello sono aree corticali.
Lo smoothing sulla superficie della corteccia è più accurato rispetto a quello
effettuato nello spazio tridimensionale perché calcola una media sull’attività di
vertici (che corrispondono ai voxel dello spazio tridimensionale) adiacenti solo
sulla superficie della corteccia, mentre lo smoothing nello spazio tridimensionale
calcola una media fra voxel adiacenti nel volume. In questo modo, mentre lo
smoothing nello spazio tridimensionale può erroneamente risultare in una
configurazione di attività che si estende, per esempio, dal piano sopratemporale
ad aree dorsali al di là della fessura silviana, questo non può accadere nello
spazio bidimensionale poiché queste regioni non sono adiacenti sulla corteccia.
Infine, anche i software che compiono l’allineamento dei dati dei vari
partecipanti a uno spazio anatomico comune riescono a produrre un allineamento
più preciso su una rappresentazione bidimensionale, soprattutto se questa
rappresentazione è una superficie calcolata dalla media delle superfici cerebrali
dei partecipanti all’esperimento (Argall et al. 2006; Desai et al. 2005).
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