Page 26 - Fabio Gasti (a cura di), Seneca e la letteratura greca e latina. Per i settant’anni di Giancarlo Mazzoli, Pavia, Pavia University Press, 2013
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14 Aldo Setaioli

come esempio, una sentenza di Epicuro, e farà lo stesso nella maggior parte delle suc-
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cessive ventisette lettere.
Questo, tuttavia, è ben lungi dal costituire l’ultima parola di Seneca riguardo alla lettu-
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ra. Una posizione di maggiore apertura viene tracciata già nell’epistola 33, poco dopo che
Seneca ha cessato di concludere le sue lettere con una massima, per lo più epicurea. Questa
epistola sottolinea la necessità di leggere i testi (e significativamente si tratta adesso di ope-
re filosofiche stoiche) non per cercarvi pillole di saggezza sotto forma di sentenze, ma nella
loro integrità, ed esorta allo stesso tempo a un atteggiamento di originalità, pur nell’ambito
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della tradizione. Questa idea viene pienamente sviluppata nell’epistola 84, che, prenden-
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do lo spunto dalla teoria retorica dell’imitazione, giunge a formulare una concezione di
educazione e formazione culturale di sorprendente modernità.
Il tempo non mi permette di entrare in dettagli. Debbo limitarmi a rinviare a uno dei
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miei libri senecani. È del tutto chiaro, tuttavia, che a questo livello la lettura costituisce
uno strumento di autotrasformazione che trascende lo stadio preliminare della meditatio e
fornisce al proficiens strumenti atti a garantirgli indipendenza intellettuale e autonomia
etica e capaci di condurlo alla meta finale del suo viaggio verso la saggezza e la virtù.

7. Quando il lungo processo che abbiamo descritto è giunto a conclusione, il telos stoi-
co, il summum bonum, il ristabilimento dell’armonia con la Natura e col logos, che si
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identifica con la felicità, la saggezza e la virtù, è stato raggiunto. Per questo motivo
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la vita non va sprecata in attività inutili, ma totalmente e incessantemente dedicata al
miglioramento del proprio io in vista di questa meta.
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Senza lo studium sapientiae la vita, dice Seneca, è un labirinto inestricabile. Solo
nella ricerca della saggezza possiamo trovare la Stella Polare capace di dirigerci infalli-

118 Naturalmente in molti casi siamo in grado di verificare che Seneca ha trovato queste sentenze già raccolte
in uno gnomologio. Cfr. Setaioli (1988, pp. 182-223).
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La transizione dalla posizione di epist. 2 a quella che troviamo sviluppata in epist. 84 non è comunque
inattesa. In entrambi i casi, ad esempio, gli insegnamenti ricavati dalla lettura costituiscono un nutrimento per
la mente (2,2; 84,1) e devono essere ‘digeriti’ (2,4; 84,6-7).
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La continuità tra le epistole 33 e 84 riceve conferma anche a livello linguistico: epist. 33,8 aliud tamen est
meminisse, aliud scire etc. ~ 84,7 concoquamus illa; alioqui in memoriam ibunt, non in ingenium.
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Seneca aveva familiarità con la teoria retorica della imitatio / aemulatio, come appare da epist. 79. Cfr.
Setaioli (2000, pp. 199-200). Propone perfino un compromesso tra l’aemulatio e una specie di complesso
d’inferiorità molto diffuso ai suoi tempi nei confronti dei grandi classici. Cfr. Setaioli (2000, pp. 201-205).
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Setaioli (2000, pp. 206-215). Ricorderemo soltanto che Seneca rovescia la metafora tradizionale
applicata al modello e all’imitatore. Quest’ultimo non è più la tavoletta di cera che riceve l’impronta del
modello (Isocr. adv. soph. 18; Dion. Hal. de imit. fr. 3, II, p. 200, 22-23 U.-R.; Dinarch. 8, I, p. 308, 10-
11; Theon prog. 2, p. 61, 30-31 Sp.); in Seneca è lui ad imprimere il proprio personale sigillo sul materiale
ricevuto dai modelli (epist. 84,8; cfr. 115,1). E mentre per i retori la lettura è il nutrimento dello stile
(Theon prog. 2, p. 61, 28-29), secondo Seneca essa nutre l’ingenium (epist. 84,1). Inoltre, Seneca muta il
significato della tradizionale similitudine che accostava gli ‘imitatori’ alle api, in quanto è pressoché il
solo autore antico a sottolineare il contributo attivo delle api nella produzione del miele (epist. 84,5). Cfr.
Setaioli (2000, p. 209 e n. 466). I risultati del mio saggio (Setaioli [2000], pp. 111-217, con aggiornamenti
alle pp. 397-408, originariamente pubblicato come Setaioli [1985], ma licenziato per la pubblicazione già
nel 1974) hanno trovato un’inattesa conferma nelle sommarie ma pertinenti osservazioni di Foucault
(1983, pp. 11-13).
123 Cfr. per es. vit. beat. 8,2 idem est ergo beate vivere et secundum naturam.
124 Cfr. epist. 22.
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Epist. 44,7.

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