Page 128 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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conoscenza di base della statistica impiegata in questi esperimenti, dei principali
processi cognitivi umani, e delle principali regioni in cui si divide il cervello umano.
Data la vastità dei temi trattati, offriamo in questo capitolo solo un
avviamento alla ricerca sul linguaggio con la risonanza magnetica funzionale e
non cerchiamo in alcun modo di presentare un quadro esaustivo di nessuna
delle tematiche discusse. Cerchiamo di offrire un contesto generale che permetta
di apprezzare lo studio degli aspetti principali del linguaggio con la risonanza
magnetica funzionale, ma i nostri esempi provengono solo dalla letteratura sulla
comprensione studiata tramite esperimenti con partecipanti sani (cioè senza
deficit). Inoltre, prestiamo particolare attenzione alla letteratura sulla comprensione
del discorso e della frase, perché queste rispecchiano più da vicino il linguaggio di
tutti i giorni. Ciò che sappiamo riguardo alla comprensione di unità linguistiche
più piccole può infatti non applicarsi a quelle più estese in cui il contesto può
giocare un forte ruolo.
1. Considerazioni tecniche e metodologiche
1.1. La tecnica di risonanza magnetica funzionale e il segnale BOLD
La risonanza magnetica funzionale (fMRI, che sta per functional Magnetic
Resonance Imaging) è una tecnica di neuroimmagine che si basa sul misurare il
metabolismo dell’ossigeno nei globuli rossi presenti in regioni cerebrali,
permettendo così di determinare l’aumento o la diminuzione di attività in queste
regioni durante lo svolgimento di specifici comportamenti o funzioni. Più
precisamente, la fMRI misura cambiamenti locali dei livelli di ossigenazione
dell’emoglobina nel flusso sanguigno.
L’emoglobina ossigenata e quella deossigenata emettono diversi segnali
magnetici che vengono rilevati dalla macchina di risonanza magnetica, chiamata
scanner. In ogni esperimento, il partecipante sta sdraiato con la testa bene al
centro del magnete dello scanner, dove il campo magnetico è più forte (decine di
migliaia di volte maggiore del campo magnetico terrestre). Applicando questo
campo magnetico alla testa, la macchina fa in modo che i protoni presenti nei
tessuti subiscano una precessione e allineino il loro asse a quello del campo
magnetico. Il segnale che si registra si crea applicando un secondo campo
magnetico perpendicolarmente al primo. Questo secondo campo magnetico è
pulsante, cioè alterna periodi di attività a periodi di inattività. Quando è attivo,
esso perturba l’equilibrio di precessione che il primo campo magnetico aveva
creato. Quando è inattivo, permette ai protoni di allinearsi di nuovo al primo
campo magnetico, in modo da lasciare che l’equilibrio preesistente tenda a