Page 120 - Stefano Rastelli (a cura di), La ricerca sperimentale sul linguaggio: acquisizione, uso, perdita, Pavia, Pavia University Press, 2013
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so il profilo di compromissione nelle modalità d’uso del linguaggio, quali pro-
duzione, comprensione e ripetizione) e regioni specifiche dell’emisfero domi-
nante. Ad esempio, sulla base della sintomatologia clinica è tradizionale ascrive-
re alla regione frontale ventrolaterale dell’emisfero sinistro (area di Broca) un
ruolo centrale nell’espressione verbale, mentre alla parte posteriore del giro
temporale superiore sinistro (area di Wernicke) viene assegnato un ruolo crucia-
le nella comprensione del linguaggio (per una descrizione delle sindromi classi-
che, vedi Abutalebi, Cappa 2008). I limiti di questo tipo di approccio ‘localizza-
zionista’ divennero presto evidenti agli stessi clinici dell’800. Le diverse modali-
tà d’uso del linguaggio non sono localizzate in singole aree cerebrali, e la descri-
zione qualitativa delle caratteristiche del deficit linguistico conseguente alla le-
sione cerebrale dimostra l’enorme variabilità delle manifestazioni cliniche
dell’afasia. La convergenza tra l’approccio di tipo psicometrico, e l’introduzione
di modelli strutturali dell’organizzazione linguistica, basati sulla distinzione tra
livelli (acustico-fonetico, fonologico, lessico-semantico e morfo-sintattico) porta a
una profonda revisione delle descrizioni e interpretazioni del deficit linguistico
conseguente a lesione cerebrale. A titolo d’esempio, consideriamo il contrasto
sopra descritto, tra una cosiddetta ‘afasia di espressione’ e una ‘afasia di com-
prensione’. Lo sviluppo di test specifici conduce alla dimostrazione che i pazien-
ti etichettati nella prima categoria hanno in realtà anche deficit di comprensione,
se questa viene valutata attraverso l’elaborazione di frasi complesse sul piano
sintattico (ad esempio, frasi passive reversibili, quali ‘il bambino è inseguito dal-
la bambina’). Per quanto riguarda i pazienti del secondo tipo, al disturbo di
comprensione si associa sistematicamente anche la presenza di disturbi nella
produzione di parole, con errori che possono coinvolgere la struttura fonologica
(‘tevolo’ al posto di ‘tavolo’) o l’appropriatezza semantico-lessicale (‘sedia’ al
posto di ‘tavolo’). L’analisi qualitativa del deficit linguistico apre la strada alla
applicazione dei modelli della neuropsicologia cognitiva, che dominano il cam-
po a partire dagli anni Settanta del secolo scorso (Shallice 1988).
Un ovvio limite della correlazione anatomo-clinica ‘classica’, praticata dai
clinici neurologi sino alla metà del secolo scorso, era l’impossibilità di stabilire a
paziente vivente dove la lesione responsabile dell’afasia fosse localizzata nel
cervello. L’unica possibilità era infatti di attendere il decesso del paziente ed
eseguire un’autopsia. La situazione si modifica con gli sviluppi della neurochi-
rurgia, che consente di correlare il disturbo linguistico con la sede della lesione
rilevata all’intervento, e in seguito con gli avanzamenti tecnologici della radiolo-
gia, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso.
Con l’introduzione della tomografia computerizzata (TC) e, in seguito, della
risonanza magnetica (RM) diventa possibile individuare sede ed estensione della



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